Per Enrico Letta è il “cuore della ripresa” e anche il “volano per la nostra economia”. E ora Expo diventa anche il cavallo di Troia per introdurre nuova flessibilità nel mercato del lavoro. Oppure, detto in altro modo, nuovo precariato. L’accordo siglato questa settimana dai sindacati con Expo spa, la società di gestione dell’evento, per la creazione a livello locale di 800 posti di lavoro a termine ha infatti rinvigorito le ambizioni di chi vuole introdurre una deregulation all’insegna dell’esposizione universale. In testa le imprese, che chiedono di introdurre contratti a termine liberi per tutte le aziende e in tutta Italia, da ora fino alla fine del 2016. Un’idea che i sindacati respingono con forza: “No a deroghe per legge, né a deroghe nazionali”, ribadisce il segretario generale della Cgil Susanna Camusso. Mentre per l’economista Tito Boeri, il mercato del lavoro ha ben altri problemi: “Il grande evento – dice – lasciamolo da parte”. E rilancia i contratti a tutela progressiva.

Le imprese hanno messo nero su bianco la loro proposta due settimane fa, nella bozza di un emendamento da presentare in commissione Lavoro al Senato, dove è in discussione il decreto legge sul Pacchetto lavoro approvato a fine giugno dal consiglio dei ministri. Confindustria, Abi (Associazione bancaria italiana), Ania (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici), Alleanza delle cooperative e Rete Imprese Italia si sono spinte a chiedere la possibilità di stipulare con la stessa persona, e senza obbligo di indicare la causale, fino a sei contratti a termine, con una pausa di soli 5 giorni tra l’uno e l’altro, per un massimo di 36 mesi. Il tutto per i prossimi tre anni e mezzo e su tutto il territorio nazionale. La norma attuale, invece, prevede di omettere la causale solo nel primo contratto. Abolirla del tutto, come chiedono le imprese, impedirebbe al lavoratore di ottenere dal giudice l’assunzione a tempo indeterminato nel caso in cui avesse dovuto svolgere mansioni diverse rispetto a quanto pattuito (causale non rispettata). Con il Pacchetto lavoro approvato dal governo, inoltre, i tempi di pausa tra contratti successivi sono già stati ridotti a 10 giorni (20 per contratti più lunghi di 6 mesi), rispetto a quanto previsto dalla legge Fornero (60 e 90 giorni).

Con gli imprenditori si è schierato Maurizio Sacconi, ex ministro del Lavoro e attuale presidente della commissione Lavoro di Palazzo Madama, che è arrivato ad auspicare una “deregolamentazione spinta” in vista di Expo. Un’ambizione che è stata rilanciata dopo che Expo spa, Cgil, Cisl e Uil hanno siglato un accordo che prevede deroghe per l’assunzione di 300 dipendenti con contratti a tempo determinato, 340 apprendisti under 29 e 195 stagisti che lavoreranno sul sito a cavallo tra Milano e Rho. Un’intesa che per Letta può essere “un modello nazionale” e che è stata festeggiata da Corriere della Sera e Stampa con titoloni in prima pagina, del tipo “Il lavoro flessibile parte da Expo” e “Svolta sui contratti flessibili”. E’ toccato allo stesso Sacconi ridimensionare il tam tam mediatico: “Poca roba – ha dichiarato -. Stiamo parlando di 800 lavoratori”.

Insomma, le imprese vogliono ben altro. Tanto più che gli Expo-ottimisti promettono ben 190mila posti di lavoro in più da qui al 2020, grazie all’esposizione e all’indotto. Le imprese, inoltre, chiedono contratti flessibili per tutti, anche per chi non avrà nulla a che fare con l’Expo. La loro richiesta è stata per il momento frenata dal ministro del Lavoro Enrico Giovannini, che però ha definito un “primo passo” l’accordo milanese e ha chiesto a imprese e sindacati di arrivare a un accordo sulle regole per i contratti di lavoro per l’Expo entro metà settembre, altrimenti “governo e parlamento faranno quello che è necessario”.

Ma di deregolamentazione spinta non vogliono sentire parlare i sindacati, disponibili al massimo a forme di flessibilità da contrattare caso per caso, come è accaduto per l’intesa milanese: “Qui – spiega Camusso – c’è un’impresa che ha detto di aver bisogno di un tot di persone con determinate caratteristiche per fare questi lavori e di condizioni che rispondano all’evento, che è una esposizione mondiale straordinaria. Di conseguenza, come è normale, si costruisce l’accordo, sulla base delle tutele necessarie per quei lavoratori”. Simile la posizione del segretario generale della Uil Luigi Angeletti: “Siamo disponibili – spiega – ad accordi che permettano alle imprese di 
assumere in vista dell’Expo, con flessibilità, ma purché
 questa flessibilità abbia limiti di tempo e soprattutto sia 
retribuita maggiormente rispetto ai contratti a tempo
 indeterminato”.

Secondo Tito Boeri, l’intesa tra Expo spa e i sindacati ha valenza locale e non gli andrebbe data enfasi eccessiva: “Quella che bisogna introdurre nel mercato del lavoro – spiega – è una certa flessibilità in ingresso, attraverso contratti a tutele progressive: per un nuovo assunto, i costi che l’azienda deve sostenere in caso di licenziamento all’inizio sono bassi. Poi aumentano gradualmente con la durata dell’impiego”. Un sistema per garantire ai lavoratori indennizzi crescenti con il passare del tempo. E che a parere di Boeri incentiverebbe le assunzioni. 

twitter: @gigi_gno

Articolo Precedente

Cgia: “In Italia 3 milioni di lavoratori in nero, evasi 43 miliardi di euro”

next
Articolo Successivo

Lavorare e basta. Per tutta la vita

next