La bozza del decreto svuota carceri è già pronta. La strada più breve è stata quella di riprendere in mano la legge Simeone-Saraceni, entrata in vigore il 14 giugno 1998 (all’epoca salvò Forlani, Citaristi, Pomicino, Sama e Bisignani) che risparmiava il carcere a chiunque debba scontare fino a tre anni. Il decreto Cancellieri si limita in sostanza a due aspetti: concessione degli arresti domiciliari o pene alternative a coloro che abbiano compiuto i 70 anni, e ingresso in carcere impossibile alle persone condannate a 4 anni. Restano esclusi i condannati per associazione di stampo mafioso, traffico di droga, terrorismo, sequestro di persona a scopo di estorsione.

Benefici che il governo ritiene nella relazione “indispensabili per fronteggiare il sovraffollamento delle carceri” e si aggiungono alla legge Gozzini, al rito abbreviato (che sconta già di un terzo la pena) e alla buona condotta, ossia 45 giorni di carcere in meno ogni anno al detenuto modello. Il punto è che la riforma, così come pensata dal governo, prevede tutti i benefici ottimi per la casta. E confezionati per coloro che hanno spalle robuste, una casa in cui vivere, una famiglia che può aiutare il condannato, un ottimo avvocato e nessun precedente. Tutti requisiti che gli stranieri clandestini o gli scippatori non possono avere. Uscirebbero dal carcere il giorno successivo i poliziotti condannati per l’omicidio Aldrovandi, mentre resterebbe in carcere il clandestino albanese arrestato due giorni fa e colpevole di non avere il permesso di soggiorno e per “false dichiarazioni a pubblico ufficiale”.

Altro punto fondamentale, che amplia ancora il raggio di azione della Simeone-Saraceni, riguarda la detenzione agli arresti domiciliari. Prima il magistrato di sorveglianza doveva per legge concederla alle persone anche parzialmente inabili che avessero compiuto i 60 anni di età. Adesso il ‘parzialmente inabili’ sparirebbe e la detenzione a casa sarebbe concessa a tutti coloro che invece hanno compiuto 70 anni. Un esempio pratico, Calisto Tanzi: tornerebbe a casa, e non per lo stato di salute, ma solo per problemi anagrafici. Il governo è pronto a portarla a termine perché è “l’Europa che ce lo chiede”. Come scritto in calce si tratta di un decreto per “contrastare il sovraffollamento delle carceri e per adottare i rimedi imposti allo Stato italiano dalla Corte europea dei diritti dell’uomo”. Opposizione per ora non c’è, eccetto quella del Movimento 5 stelle, pronto anche a manifestare. Il resto verrà deciso nelle stanze di palazzo Chigi, sede della solida alleanza tra il Pd e il Pdl. Al momento si tratta di una bozza, ma la linea guida che ne segue è in realtà molto chiara e ha alle spalle un progetto politico. Non riguarda direttamente i pubblici ministeri: questa volta il decreto è molto legato alla parte finale dell’esecuzione della pena e non entra più nel merito di quelli che sono i reati scoperti in flagranza.

In sostanza lo scippatore finisce in galera, successivamente godrà della liberazione anticipata. L’ordine di custodia cautelare, invece , dovrà seguire attentamente le disposizioni che Letta e i suoi si preparano a varare. Il documento, fino a oggi mai uscito e in mano al Fatto Quotidiano, non prevede variazioni capillari della Simeone-Saraceni. I giuristi, quando venne varata la legge nel 1998, la definirono un “indulto permanente”. Questa ne è la fotocopia, con una più ampia valutazione dei benefici. Si tratta di otto pagine con le linee guida dove – chi ha steso la relazione – si sofferma anche sui soldi da trovare per fare in modo di adeguare e ristrutturare le carceri che esistono in Italia. “In realtà”, spiega al Fatto il procuratore aggiunto di Torino, Paolo Borgna, “sarebbe bene pensare a strutture carcerarie diverse. Oggi abbiamo tutti carceri di massima sicurezza, nati e costruiti soprattutto negli anni del terrorismo. Oggi le esigenze sono cambiate. Probabilmente sarebbe più agevole costruire strutture che hanno costi meno sostenuti, anche aperte, dove i detenuti possano avere la libertà di lavorare, e non pensare solo alle evasioni. Chi ha commesso due scippi non pensa a evadere, non è il pluriomicida. Come diceva Cesare Beccaria sarebbe il caso di addolcire la pena. Che sia immediata o comunque vicina al reato commesso, ma più dolce”.

Da Il Fatto Quotidiano del 21 giugno 2013 

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