Da un lato il premier Antonis Samaras, secondo cui la Grecia fuori dall’eurozona sarebbe “una tragedia”; dall’altro il leader dell’opposizione Alexis Tsipras che sostiene come sia in atto una macelleria sociale “peggio di Tatcher e di Pinocet”. È lunga, lunghissima la giornata, consumata a metà strada tra Roma e Atene, del quasi accordo con la troika, al momento rimandato di dieci giorni: forse l’ultimo “curvone” di questa crisi greco europea. Il primo ministro greco, dopo aver incontrato Mario Monti a palazzo Chigi, rileva che un’uscita della Grecia dall’Eurozona “non è una scelta, sarebbe un incubo per la Grecia, non un’opzione ma un disastro totale”. Evidenziando come non sarebbe facile neanche “per i nostri partner perché dopo una eventuale uscita della Grecia dall’euro le speculazioni investirebbero altri paesi più deboli della catena”. E ancora: “La Grecia ha tutte le potenzialità e risorse per fare un ritorno alla grande” nella comunità dei paesi con un’economia sana. “Immaginatevi infatti che grande stimolo sarebbe per l’Europa se i greci ce la faranno. Il nostro successo sarà anche quindi un segno di speranza per l’intera Unione Europea”, ha aggiunto assicurando che la Grecia intende rispettare i suoi obblighi e i suoi impegni. Poi, fiducioso, dice di voler riuscire a “trasformare un momento tragico in una storia di successo per la Grecia e l’Ue, in un tornante in cui l’Europa uscirà più forte”. L’occasione è il meeting dei leader dell’Internazionale democratica di centro e il premier greco ribadisce che la recessione lunga cinque anni, con la produzione interna crollata del 20% rispetto al periodo pre-crisi, è indubbiamente uno scoglio duro: “La Grecia sta lavorando per aumentare la nostra credibilità, dando spinta alla coesione sociale e smussando il peso della burocrazia”.

Millecinquecento chilometri più a est, nella capitale ellenica, sembrava che la troika avesse raggiunto l’accordo definitivo con il governo per i tagli da 12 miliardi di euro a stipendi, pensioni e welfare (su cui Samaras dice con certezza “lo faremo”). E invece se una prima riunione tra i maggiori azionisti del governo (con il socialista Venizelos e il democratico Kouvellis) e lo stesso premier era terminata con un nulla di fatto, anche il successivo incontro dei rappresentanti di Ue, Fmi e Bce con il ministro delle finanze Stournaras non ha prodotto il “sì” definitivo. Tutto è rimandato alla prossima settimana, quando la troika farà nuovamente ritorno ad Atene, ufficialmente una pausa che non mette in pericolo il buon esito delle trattative fanno sapere da fonti vicine al triumvirato che ormai da un anno fa la spola tra le stanze dell’Unione Europea e quelle dei ministeri ellenici. “La missione ad Atene – si legge nel comunicato ufficiale della troika – avrà una breve pausa. Durante questo periodo alcuni esperti resteranno ad Atene per assistere le autorità nel proseguimento del lavoro tecnico”. Secondo una fonte del ministero delle finanze greco “il pacchetto si chiuderà al 100% ”. Anche se un attimo dopo sarà necessaria l’approvazione da parte del primo ministro e dei leader che lo appoggiano.

Dura la reazione del leader dell’opposizione Tsipras, che definisce le richieste della troika un “olocausto sociale che supera anche quello della Thatcher” e accusa la coalizione che sostiene il governo di avallare misure rovinose che portano alla povertà permanente. “Dipendenti, pensionati, agricoltori, lavoratori anziani non assicurati in occupazioni stagionali, portatori di handicap, malattie renali: il governo preme il grilletto sui deboli. Un olocausto sociale europeo senza precedenti”. E chiede che anche i banchieri siano chiamati ai loro doveri di cittadini, quindi paghino più tasse. Fa scalpore invece una dichiarazione di un funzionario berlinese che ha scelto di restare anonimo secondo cui il ritardo dell’approvazione ufficiale del piano è dovuto perché si vogliono evitare “scosse elettriche per l’economia globale, prima delle elezioni negli Stati Uniti”. Non lascia spazio a interpretazioni il commento del ministro tedesco Schäuble, secondo cui Atene dovrà dimostrare la sua devozione al piano di salvataggio. “Nessuno della zona euro vuole Grecia fuori”, dice, “ma la questione è se il paese soddisfi i requisiti del secondo programma di assistenza”.

Intanto dopo l’editoriale di qualche giorno fa apparso sul quotidiano economico tedesco Handelsblatt, il anche Wall Street Journal esprime forti perplessità sull’accordo troika-Atene. E scrive che Samaras starebbe spingendo per una proroga di due anni alle misure di austerità, un’esigenza che il giornale definisce foriera di un altro “buco” da € 30 miliardi entro il 2014. Conviene sul dato che sarebbe impossibile per Atene arrivare a ridurre il debito al 120% entro il 2020. Come ammettono anche i funzionari europei, si legge, il piano di salvataggio greco di € 173 miliardi concordato con Atene nel marzo scorso e il secondo programma di supporto concordato con la Grecia, “mostrano gravi discrepanze”. Due le opzioni prese in esame. O proporre all’Fmi una proroga per ritardare il rimborso delle rate, o riempire il vuoto di Atene con la vendita di titoli a investitori privati. E conclude dicendo che la decisione dolorosa di allungare il coma ellenico è il tentativo dell’Europa di mantenere un basso profilo nella crisi greca. E solo per riconquistare la fiducia degli investitori.

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