E’ iniziata con un bagno di sangue la giornata nella capitale siriana Damasco, dove in un duplice attento si contano almeno 40 morti e 170 feriti. Per l’Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede in Gran Bretagna, i morti sarebbero 50, inclusi civili e membri delle forze di sicurezza. Per la televisione del regime di Bashar al-Assad si tratta di “esplosioni terroristiche” avvenute vicino all’intersezione Qazaz della circonvallazione meridionale della città. Le immagini televisive hanno mostrato cadaveri bruciacchiati all’interno di quel che rimane di automobili. La tv di stato ha inoltre affermato che tra le vittime ci sarebbero “decine di studenti dilaniati dalle bombe” tra cui anche bambini. Ma notizia ad ora non è stata confermata.

Circa 30 delle vittime sono state portate nell’ospedale Al-Mujtahid di Damasco, mentre le altre sono stati trasportate nell’ospedale militare. Un residente ha raccontato di esser arrivato a circa un centinaio di metri dal luogo di una delle esplosioni prima di esser respinto dalle forze di sicurezza, dove ha detto di aver visto vetri rotti e donne in lacrime. Le scuole nelle vicinanze hanno rimandato a casa i bambini per la giornata. Un altro residente ha raccontato che la polizia ha isolato il distretto di Kfar Souseh, che ospita un centro dell’intelligence militare, e che sono risuonati colpi d’arma da fuoco nell’aria.

Le esplosioni avrebbero provocato due crateri di 10 metri ciascuno, come ha raccontato il corrispondente di Al-Arabiya sul posto. Per l’opposizione siriana la colpa è tutta del regime, come ha ribadito all’emittente l’avvocato e attivista per i diritti umani Haytham al-Maleh, per il quale “la responsabilità delle continue violenze è anche di Russia e Cina“. Subito dopo gli attentati si è recato in uno dei luoghi dell’attentato il generale Robert Mood, alla guida della missione dell’Onu in Siria, da dove ha chiesto l’aiuto della comunità internazionale per fermare il bagno di sangue.

A fronte del clima di violenza e tensione, il ministro degli Esteri Giulio Terzi ha dichiarato a Repubblica di ritenere “probabile che si debba tornare al Consiglio di sicurezza” per “chiedere una forza più robusta, fino a 2-3000 uomini e in grado di intervenire in base al capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite. Una missione cioè armata, capace di garantire la protezione di alcune aree e la sicurezza degli osservatori che oggi è invece affidata al governo siriano”. Ha poi aggiunto di credere “nel piano di pace Annan, ma con preoccupazione e perplessità. Damasco sta utilizzando una forza spropositata, inimmaginabile anche in presenza di un’insorgenza”. E anche Mario Monti martedì ha ricordato che a fronte delle violenze, la comunità internazionale deve trovare una posizione unitaria. 

Intanto il Consiglio Nazionale Siriano (Cns), il cartello che riunisce l’opposizione siriana, punta l’indice contro il governo. “C’è il regime dietro tutto questo”, ha detto Samir Nashar, uno dei membri del comitato esecutivo del Cns. Secondo Nashar la strategia dinamitarda punta innanzitutto a lanciare un avvertimento alla missione di osservatori Onu, per renderli consapevoli che sono in pericolo; e poi vuole anche inviare alla comunità internazionale il messaggio che la battaglia di Damasco è contro “i terroristi”. L’esercito libero siriano (Esl),piattaforma che riunisce i soldati disertori anti-regime, ha smentito ogni legame col duplice attentato e ha ribadito la volontà di rispettare il cessate il fuoco, formalmente in vigore in Siria dal 12 aprile su richiesta delle Nazioni Unite.

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