Alta preoccupazione istituzionale. Il Quirinale s’interroga su come uscire da uno scontro in atto che promette di raggiungere livelli sempre più alti e dalle conseguenze difficilmente prevedibili. Pressato anche a livello internazionale e da un’immagine dell’Italia in crescente declino, Giorgio Napolitano da giorni ha attivato i suoi “ambasciatori” per sollecitare il governo, via Gianni Letta, a prendere iniziative che scongiurino le elezioni anticipate e mettano mano con forza alla soluzione dei problemi del Paese. Messaggi rimasti, al momento, per lo più inascoltati, al punto che ieri dopo l’ultima sfuriata berlusconiana a sole 48 ore dall’annuncio del ricorso alla piazza “contro i giudici politicizzati”, Napolitano ha seriamente pensato di prendere un’iniziativa istituzionale straordinaria, ovvero di convocare al più presto (ma non martedì prossimo come scriveva ieri mattina il “Foglio”, smentito nella data direttamente dal Colle) i presidenti delle Camere per imprimere un svolta significativa alla crisi; se possibile non verso le urne, ma se proprio non se ne può più fare a meno allora anche quelle.

Non sarà martedì, si diceva, questo incontro tra le più alte cariche dello Stato, ma potrebbe avvenire, invece, nella cornice di un prossimo evento di caratura internazionale con tutte e tre le alte cariche presenti. La data, dunque, non c’è, ma di sicuro Napolitano è deciso a farsi parte attiva al più presto per imprimere una svolta politica che porti il Paese fuori dal pantano della bufera hard che ha travolto il Cavaliere. Già più di dieci giorni fa il capo dello Stato si era detto “ben consapevole del turbamento dell’opinione pubblica” auspicando “che nelle previste sedi giudiziarie si proceda al più presto a una compiuta verifica delle risultanze investigative”. Appelli caduti nel vuoto. E quello che oggi il Colle fotografa con nitidezza è una situazione d’empasse istituzionale che renderebbe il Parlamento, già da ora, incapace di svolgere le sue funzioni prioritarie. E questo perché, come sotto gli occhi di tutti, Fini è assediato dall’aggressione della maggioranza che vuole le sue dimissioni per vendetta del tradimento subito, Renato Schifani è contestato pesantemente dall’opposizione per i suoi presunti rapporto con la mafia, il ministro degli Esteri Franco Frattini è accusato di abuso d’ufficio per la questione dei documenti sulla casa di Montecarlo ex di An e Berlusconi, nelle prossime settimane, potrebbe ricevere nuove e ben peggiori notizie da parte della Procura di Milano. “Sappiate che, in questa situazione, prima o poi dovrò fare qualcosa…” avrebbe commentato qualche sera fa il Presidente della Repubblica con alcuni collaboratori. Non stupisce, dunque, che l’altro giorno abbia mandato messaggi chiari ai ministri chiedendo al più presto visibili segnali di cambiamento. Anche perché – e questa sarebbe l’effettiva preoccupazione del Capo dello Stato – senza un robusto cambio di passo, la paralisi istituzionale è nelle cose, ma visto che Berlusconi non farà mai un passo indietro, perché conscio di finire immediatamente sotto la tutela della magistratura, l’unico modo di non far affondare il Paese insieme alla sua attuale classe politica di maggioranza sembrerebbe quella di “pilotare” in qualche modo la crisi. Già, ma come?

Ieri Berlusconi, avvisato dell’attivismo del Colle, ha voluto alzare ancora di più il tiro, sottolineando che “chi vuole le elezioni oggi lo fa solo per interessi personali” e che “c’è un’opposizione che sa dire solo di no, che alza muri mentre noi siamo sereni, continuiamo a governare, abbiamo vinto 7 a 0 e non c’è alternativa al nostro governo”. Parole che hanno creato ulteriore inquietudine al Quirinale; la degenerazione dei toni, l’invocazione alla piazza per il 13 febbraio (che, comunque, i più stretti collaboratori di Berlusconi hanno cancellato ufficialmente) e il cul de sac rappresentato dal voto sul federalismo in commissione (previsto per il 2 febbraio) ha convinto, nei giorni scorsi, Napolitano ad un avvicinamento con Umberto Bossi che avrebbe prodotto un’immediata retromarcia del Senatùr riguardo la questione Montecarlo e le dimissioni di Gianfranco Fini, prima richieste a gran voce: “Su questa storia – ha infatti commentato il leader del Carroccio – bisogna fare meno casini”. Un segnale che anche in futuro Napolitano potrà contare, in qualche modo, sulla sponda della Lega. Ma in futuro. Ora non c’è nulla che da solo possa far pensare ad una soluzione non solo momentanea dei gravi problemi sul tappeto.

Così si attende, da un giorno all’altro, un passo deciso della più alta carica dello Stato, probabilmente dopo che la questione del federalismo comunale si sarà chiarita con il voto della commissione Bicamerale sul Fedralismo; sotto la lente d’ingrandimento del Colle il comportamento delle opposizioni e il loro, possibile, uscire allo scoperto per prendersi la responsabilità politica di riportare il Paese alle elezioni. Se questo non dovesse avvenire, diventerebbe sempre più urgente un suo intervento diretto per sbloccare uno status a quel punto davvero cristallizzato. “Il Paese vuole risposte – ha detto chiaro il Capo dello Stato a Gianni Letta – abbiamo bisogno di persone che invece dello scontro politico reggano con forza le regole e le procedure”. Così non è, tanto che al Quirinale si è rispolverata l’interpretazione autentica dell’articolo 88 della Costituzione (il Presidente della Repubblica, sentiti i presidenti dei due rami del Parlamento, può sciogliere le Camere o solo una di essere) solo per far capire che, se proprio non ci saranno altre strade, se proprio si continueranno ad alzare i toni oltre l’accettabile, si potrà fare anche a meno di una crisi formale per mandare a casa in governo. E non pare proprio che si tratti solo di una semplice minaccia.

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