La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime le leggi regionali con cui Puglia, Basilicata e Campania avevano vietato l’installazione sul loro territorio di impianti di produzione di energia nucleare, di fabbricazione di combustibile nucleare e di stoccaggio di rifiuti radioattivi. La decisione – secondo quanto appreso dall’agenzia di stampa Ansa da fonti qualificate – è stata presa in una delle ultime camere di consiglio dei giudici costituzionali e le motivazioni saranno depositate nei prossimi giorni.

Secondo la Consulta le tre leggi regionali che in assenza di un’intesa tra Stato e Regioni precludono il proprio territorio all’installazione di impianti nucleari violano specifiche competenze statali. In particolare, le norme di Puglia, Basilicata e Campania sono state bocciate perchè, in riferimento ai depositi di materiali e rifiuti radioattivi, avrebbero invaso la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, mentre per quanto riguarda l’installazione di impianti di energia nucleare sarebbe stata lesa la competenza esclusiva dello Stato in materia di sicurezza.
In base al ragionamento dei giudici costituzionali, se le Regioni ritengono giustamente necessaria un’intesa con lo Stato per l’installazione degli impianti allora possono impugnare le leggi statali dinanzi alla Consulta e non, come invece hanno fatto Puglia, Basilicata e Campania, riprodurre con legge regionale le situazioni che considerano più corrette.

Le reazioni – “Nel pieno rispetto della decisione della Corte costituzionale, così come è trapelata, ci opporremo con le bandiere e rivendicheremo in ogni sede il diritto all’autodeterminazione della Regione Puglia a decidere quale debba essere l’assetto del nostro territorio, la qualità del nostro ambiente e le misure a tutela della salute in tutte le forme –  ha detto all’agenzia di stampa Ansa l’assessore all’ambiente della Regione Puglia, Lorenzo Nicastro – Tuteleremo il diritto alla salute dei cittadini pugliesi con tutti i mezzi – aggiunge Nicastro – anche quelli che la Costituzione consente perchè parliamo di una competenza legislativa concorrente tra Stato e Regione”.

“Tecnicamente – ha spiegato Vito De Filippo, presidente della Regione Basilicata – può darsi che la Basilicata abbia percorso una strada non conforme alle norme, ma praticamente la posizione resta immutata. Innanzitutto quella legge della Regione Basilicata è l’espressione di una forte volontà politica della Basilicata sulla indisponibilità a ospitare tanto il sito di stoccaggio delle scorie radioattive, o parco tecnologico che dir si voglia, quanto una centrale nucleare”.

Per Chicco Testa, il presidente del ‘Forum nucleare italiano’, la scelta della Consulta “è una buona notizia”: “La politica energetica è interesse nazionale. Sono almeno tre le ragioni che mi fanno accogliere con soddisfazione l’atto della Consulta: il ribadire la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e in quella della sicurezza; il buon senso; e l’interesse nazionale che su queste scelte di politica è molto forte”.

Per il ministro per gli Affari regionali, Raffaele Fitto: “Sarebbe opportuno evitare diutilizzare, come spesso accade, le leggi regionali per poi scrivere qualche manifesto, magari in campagna elettorale”.

I precedenti – Non è la prima volta che la Corte Costituzionale affronta la questione del nucleare. L’estate scorsa la Consulta ha rigettato i ricorsi con cui dieci Regioni (Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, Emilia Romagna e Molise) avevano impugnato la legge delega 99 del 2009 con cui il governo ha fissato i principi generali per il ritorno del nucleare in Italia. Le norme di quella “cornice nazionale” – faceva rilevare il vicepresidente della Corte, Ugo De Siervo, relatore ed estensore della sentenza n. 278 del 22 luglio scorso – non appaiono in contrasto con il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni. Ma – veniva sottolineato – è al momento dell’esercizio della delega da parte del governo che “il coinvolgimento delle Regioni interessate si impone con forza immediata e diretta”.

Il compito della Corte Costituzionale non si è esaurito: devono essere ancora esaminati i ricorsi di quelle regioni che hanno impugnato il decreto delegato in cui sono indicate le aree che potranno essere scelte dagli operatori per la costruzione delle prossime centrali nucleari. Non solo: alla Corte Costituzionale è in dirittura di arrivo il quesito referendario promosso dall’Idv di Antonio Di Pietro contro il ritorno del nucleare in Italia. Il quorum delle 500 mila firme necessarie sarebbe stato raggiunto. Entro la fine del mese la Cassazione dovrebbe terminare il conteggio delle sottoscrizioni anche per gli altri due referendum, per l’abolizione della legge sul legittimo impedimento e contro la privatizzazione dell’acqua. Una volta terminata la procedura, la Suprema Corte passerà la palla alla Corte Costituzionale, che probabilmente già nella seduta del 10 gennaio prossimo dovrà esprimersi sul via libera o meno al referendum sul nucleare.

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