Capitoli

  1. Stadio Roma, il “sistema Parnasi”: soldi e favori leciti e illeciti a tutti i partiti. Che sarebbero rimasti ignoti senza l’indagine
  2. Luca Parnasi, arrestato: il grande elemosiniere
  3. Luca Lanzalone, domiciliari: consulenze per 100mila euro
  4. Adriano Palozzi, domiciliari: 25mila euro
  5. Michele Civita (Pd), domiciliari: lavoro per il figlio
  6. Giovanni Malagò, indagato: lavoro per il genero
  7. Paolo Ferrara, indagato: il progetto per Ostia
  8. Daniele Piva, indagato: 16mila euro
  9. Mauro Vaglio, indagato: 15mila euro
  10. Luciano Ciocchetti, indagato: 10mila euro
  11. Davide Bordoni, indagato: somma imprecisata
  12. I finanziamenti leciti: soldi a tre del Pd, due di Fi, uno di Leu (non indagati)
  13. All'associazione della Lega 250mila euro
  14. Alla fondazione del Pd 150mila euro
  15. Giuseppe Sala, 50mila euro "veicolati dal Pd"
  16. Il tentato sostegno (senza seguito) a Lombardi
Giustizia & Impunità

Luca Lanzalone, domiciliari: consulenze per 100mila euro - 3/16

La normativa sulla privacy contenuta dalla legge sul finanziamento alla politica, sommata alla possibilità data a fondazioni e onlus di non rendere noti i propri finanziatori, consente infatti di omettere i nomi dei sostenitori che non hanno rilasciato il consenso alla pubblicazione dei dati personali. Un vulnus pericoloso, che viene implicitamente sottolineato dall'indagine del procuratore aggiunto Paolo Ielo. Ecco tutte le elargizioni dell'imprenditore capitolino legittime e meno

È il super consulente segnalato “inviato” a Virginia Raggi dal gruppo enti locali del M5s (e cioè dai futuri ministri Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede), il personaggio al centro dell’inchiesta dopo Parnasi. Ha prima accompagnato Filippo Nogarin nella sua Livorno guidando Aamps verso il concordato preventivo. Quindi è stato inviato a Roma nel momento più difficile di Virginia Raggi, quando – fra l’arresto di Raffaele Marra, le dimissioni di massa di assessori e manager e l’inchiesta sulle nomine – c’era bisogno di qualcuno che potesse rimettere ordine. Missione riuscita: Lanzalone “consiglia” la sindaca sulla nomina di Lorenzo Bagnacani in Ama, rimette mano alla macrostruttura, avvia il dossier Atac vincendo la concorrenza dell’assessore al Bilancio, Andrea Mazzillo – che poi si dimette – e da presidente Acea dà vita a quello che il Pd si affretterà a bollare come “spoils system“. Soprattutto, da “consulente”, prende in mano il dossier stadio e “inventa” il compromesso politico-tecnico con cui si eliminano le torri di Libeskind dal progetto e si sblocca la procedura fra le reciproche soddisfazioni e i sorrisi pentastellati. Proprio in quella fase entra in contatto con Parnasi, che per lui chiede addirittura a Luigi Bisignani (indagato) di intervenire su Dagospia per modificare un articolo a lui sgradito. È accusato di aver ricevuto dall’imprenditore 100mila euro di consulenze per il suo studio legale. Nel frattempo si spingeva fino a Palazzo Chigi, presentandosi come membro dell’inesistente “comitato nomine” del M5s. “Mi manda Luigi Di Maio”, era il suo leit motiv. Incontrava Giancarlo Giorgetti del Carroccio a cena (il leghista dice che fu un aperitivo), e mandava sms al dem Lorenzo Guerini. È finito sotto inchiesta perché “per lo svolgimento della sua funzione e per il compimento di singoli atti e comportamenti riconducibili ad essa (ed in particolare rilasciando informazioni sullo stato delle pratiche amministrative in corso, partecipando alla delibera di conferma della dichiarazione di Pubblico interesse ed all’intero iter procedurale relativo al Nuovo Stadio della Roma) ed in genere per l’asservimento della funzione agli interessi del Parnasi e del gruppo imprenditoriale a lui riconducibile in violazione dei doveri istituzionali di imparzialità e correttezza, molteplici utilità e tra queste l’affidamento (o la promessa di affidamento) di lucrosi incarichi in favore dello studio legale Lanzalone & Partners “. “Nella mia vita non ho mai compiuto nulla di illecito, respingo con forza ogni addebito”, si è difeso il consulente davanti al gip durante l’interrogatorio di garanzia.