Quella che un tempo era il miracolo di una squadra di quartiere, adesso è una solida realtà della Serie A. Che ogni stagione gioca per mantenere la categoria, riuscendoci puntualmente con qualche giornata d'anticipo e senza troppi affanni. Il Chievo Verona di quest'anno non dovrebbe fare eccezione da quello degli anni precedenti. Il segreto è nella continuità, aziendale e sportiva. Il presidente Campedelli non cambia mai troppo, senza investire né svendere. La squadra sul campo va col pilota automatico, che ha un nome e un cognome: Rolando Maran, forse l'uomo in più dei clivensi che rispetto al recente passato hanno cominciato anche a divertire i loro tifosi. In difesa passano gli anni ma come il vino Dainelli e Cesar continuano a costituire una coppia di sicura tenuta, davanti al veterano Bizzarri. Il collaudato 4-4-2, imperniato intorno a Hetemaj, garantisce copertura del campo ed affidabilità. Al resto pensano i gol di Paloschi, che in provincia ha trovato la sua dimensione di grande attaccante; e la fantasia dello sloveno Birsa o del danese Christiansen, europei dal sangue freddo e non troppo anarchici. L'ideale per la mentalità del Chievo. Dal mercato non è arrivato quasi nessuno: solo Gobbi, terzino mancino di lungo corso, il giovane M'Poku che a Cagliari aveva lasciato intravedere del talento, e il "vecchio" juventino Pepe, che a Verona spera di rinascere dopo troppi infortuni. La squadra è praticamente la stessa dello scorso anno, e non è detto che sia una cattiva notizia. Non si vede ragione per cui non dovrebbe bissare la tranquilla salvezza dell'ultima stagione. (di L.V.)