Israele contro l’Unesco. Il ministro dell’istruzione Naftali Bennett ha deciso di sospendere da subito “tutte le operazioni” l’organizzazione dell’Onu per l’educazione, la scienza e la cultura. Ieri è stata votata una risoluzione che, per Tel Aviv, non riconosce i legami con il Monte del Tempio (come gli ebrei chiamano la Spianata delle Moschee a Gerusalemme) e il Muro del Pianto. Una decisione stigmatizzata dal premier Benyamin Netanyahu che l’ha definita “assurda” e che equivale a dire che “la Cina non ha legami con la Grande Muraglia o l’Egitto con le Piramidi”.

Secondo il sito di Maariv il ministro ha annunciato che “non ci saranno incontri con i rappresentanti dell’Unesco o la partecipazione a conferenze internazionali”, e non avrà luogo “alcuna cooperazione con un’organizzazione professionale che fornisce supporto al terrorismo”.

Anp: “Messaggio per mettere fine a occupazione”
La risoluzione dell’Unesco “è un messaggio chiaro per Israele di mettere fine all’occupazione e di riconoscere lo stato palestinese con Gerusalemme est capitale inclusi i luoghi santi cristiani e musulmani” dice Nabil Abu Rudeina, portavoce del presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen. “La comunità internazionale – ha spiegato Rudeina, citato dai media palestinesi – non è d’accordo con le politiche che proteggono l’occupazione e contribuiscono al caos e all’instabilità”.

La risoluzione – presentata dai Palestinesi insieme ad Egitto, Algeria, Marocco, Libano, Oman, Qatar e Sudan – è stata approvata da 24 paesi, respinta da sei (Usa, Germania, Gran Bretagna, Lituania, Estonia, Olanda). In 26 si sono astenuti (Italia compresa), mentre i rappresentanti di due nazioni non erano presenti al momento del voto.

Nel provvedimento – che condanna Israele su vari temi riguardo Gerusalemme e i suoi luoghi santi – si sostiene, come hanno riferito i media israeliani, che la Città è sacra alle tre religioni monoteiste (ebraismo, islam e cristianità) ma che il Monte del Tempio lo è solo per i musulmani senza menzionare che è santo anche per gli ebrei. Per indicare il luogo non usa né il termine ebraico (Har HaBayit) né quello inglese equivalente (Temple Mount). Ad essere adoperate sono invece le definizioni musulmane di Moschea di Al-Aqsa e di Haram al-Sharif.

Netanyahu: “Continua il suo teatro dell’assurdo”
Per quanto riguarda il Muro del Pianto, i media hanno sostenuto che nella bozza di risoluzione è menzionato con questo nome solo due volte, mentre per il resto si usa la definizione araba di Buraq Plaza. La mossa dell’Unesco – che già nello scorso aprile aveva adottato un simile provvedimento, votato anche dalla Francia con conseguente crisi diplomatica tra Parigi e il governo a Gerusalemme – ha suscitato l’ira di Israele. Netanyahu ha attaccato l’organismo denunciando che “continua il suo teatro dell’assurdo… Se non vogliono leggere la Bibbia almeno guardino ciò che è raffigurato sull’Arco di Tito a Roma e la Menorah che i romani rubarono a Gerusalemme dal Tempio. Anche l’imperatore Tito faceva propaganda sionista?”.

Stesso tono da parte del presidente Reuven Rivlin secondo cui “nessun forum o organizzazione nel mondo può recidere i legami tra il popolo di Israele e la Terra di Israele e Gerusalemme”. Anche il leader dell’opposizione, il laburista Isaac Herzog, ha alzato la voce: “Su questa materia non c’è disaccordo tra il popolo di Israele. Esorto l’Unesco a ritirare questa bizzarra risoluzione ed a impegnarsi nel proteggere, e non distorcere, la storia umana“. E l’ambasciatore israeliano a Roma Ofer Sachs ha bollato “la vergognosa decisione di oggi” dell’Unesco che dimostra che “se si ha una maggioranza automatica, si può anche decidere che il mondo sia piatto”. Nella vicenda Israele ha comunque incassato un punto: secondo l’ambasciatore all’Unesco Carmel Shama-Hacohen “i Palestinesi hanno perso ogni appoggio in Europa, inclusa la Francia, la Spagna e anche la Svezia”. Poi ha fatto notare che anche paesi come l’India e l’Argentina “si sono astenuti” e che questo costituisce un risultato per Israele che in questi giorni aveva diffuso in seno all’Unesco una brochure nella quale si ripercorrevano i legami storici tra l’ebraismo, il Monte del Tempio e il Muro del Pianto.

Bokova (Unesco): “Patrimonio indivisibile”
A polemica innescata la direttrice generale dell’Unesco, Irina Bokova interviene con una nota: Il patrimonio di Gerusalemme “è indivisibile e ognuna delle sue comunità ha diritto all’esplicito riconoscimento della sua storia e del suo legame con la città” dice in una nota la direttrice generale dell’Unesco, Irina Bokova. “Negare, nascondere o voler cancellare una o l’altra delle tradizioni ebraica, cristiana o musulmana significa mettere in pericolo l’integrità del sito, contro i motivi che giustificarono la sua iscrizione nella lista del patrimonio mondiale” dell’Unesco.

“A Gerusalemme le tradizioni e i patrimoni ebraico, cristiano, musulmano, sono legati come in nessun altro posto al mondo sostenendosi reciprocamente. Queste tradizioni culturali e spirituali si appoggiano su testi e riferimenti, noti a tutti, che sono parte integrante dell’identità e della storia dei popoli”, afferma Bokova, ricordando che “nella Torah Gerusalemme è la capitale di Davide, il Re degli ebrei, dove Salomone costruì il Tempio che custodiva l’Arca dell’Alleanza. Nel Vangelo è il luogo della passione della resurrezione di Cristo. Nel Corano è la destinazione del viaggio notturno (Ista) del Profeta Maometto dalla Mecca fino alla Moschea Al Aqsa”.  “In questo microcosmo della nostra diversità spirituale- continua Bokova nel comunicato diffuso a Parigi – popoli diversi frequentano gli stessi luoghi, spesso con denominazioni diverse. Il riconoscimento, l’uso e il rispetto di queste denominazioni sono essenziali. La Moschea Al Aqsa/ Al-Haram-al-Sharif, sacro santuario dei musulmani, è anche lo Har HaBayit – o Monte del Tempio – il cui Muro Occidentale è il luogo più sacro del giudaismo a pochi passi dal Santo Sepolcro e del Monte degli Ulivi venerati dai cristiani”. E ancora: “L‘eccezionale valore universale della città, che le è valsa l’iscrizione nel patrimonio Unesco, sta proprio in questa sintesi che rappresenta un appello al dialogo, non al confronto”.  “La nostra responsabilità collettiva – avverte la numero uno dell’Organismo Onu per Scienza, Educazione e Cultura – consiste nel rafforzare questa coesistenza culturale e religiosa, con la forza degli atti e delle parole. Un’esigenza più forte che mai per placare le divisioni che danneggiano lo spirito multiconfessionale” di Gerusalemme. Responsabilità dell’Unesco è ricordare al mondo che “formiamo una sola umanità e che la tolleranza è l’unica via per vivere in un mondo di diversità”.

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