Arrivavano da tutta la provincia di Roma, ma anche da Latina e Frosinone. Tutti allettati dalla possibilità di arrotondare lo stipendio mensile o di avere un benefit inaspettato ma illegale. Quel traffico eccessivo di domande di disoccupazione dal litorale romano, però, ha insospettito la Guardia di Finanza. Che ha cominciato a indagare. E ha scoperto una truffa così sicura e collaudata che durava da anni. Il sistema era stato escogitato da due dipendenti infedeli della sede Inps di Ostia, a cui i finanzieri del comando provinciale di Roma sono arrivati dopo indagini durate diversi mesi, coordinate dal sostituto procuratore di Roma Giuseppe Deodato.

Potendo accedere al sistema informativo dell’ente, i due impiegati inserivano i dati di ignari datori di lavoro, al fine di produrre modelli Ds che attestavano rapporti di lavoro. In questo modo, veniva precostituito il diritto per l’accesso all’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, per legge destinata a coloro che hanno perso il lavoro a seguito di licenziamento, inducendo in errore i livelli competenti all’emissione dei mandati di pagamento. Gli accertamenti delle fiamme gialle del II Gruppo Roma sono partiti dopo che i residenti in altre zone della provincia e, addirittura, a Latina e Frosinone, si erano spinti fino a Ostia per presentare la domanda di accesso al sussidio. L’Inps, che ha fornito la massima collaborazione per le indagini, ha subito sospeso l’erogazione dei trattamenti. Le 123 persone scoperte sono state denunciate all’autorità giudiziaria per truffa aggravata ai danni dello Stato; alcuni di essi hanno restituito le somme indebitamente percepite accordandosi con l’ente previdenziale. I due dipendenti Inps non erano più in servizio. 

Gran parte dei modelli attestanti i falsi rapporti di lavoro riportavano come datori di lavoro note case cinematografiche, che si sono poi rivelate del tutto estranee alla vicenda e, in diversi casi, è risultato che i componenti di intere famiglie (mariti, mogli, figli, generi e cugini) erano beneficiari delle prestazioni. Molti, inoltre, coloro che, già impiegati con regolare contratto di lavoro, avevano deciso di arrotondare le loro entrate mensili con il sussidio erogato dall’Inps. Il meccanismo era così collaudato e sicuro che alcuni dei titolari dell’indennizzo, su incarico degli stessi organizzatori, andavano alla ricerca di persone disposte a ‘steccare’ parte dell’indennità e degli arretrati percepiti con gli artefici del piano. Gli elementi raccolti dai militari hanno consentito al pubblico ministero inquirente di richiedere al Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Roma di emettere il sequestro preventivo, ai fini della confisca per equivalente, dei rapporti finanziari (conti correnti e deposito titoli) nella disponibilità di alcuni indagati, fino alla concorrenza di oltre mezzo milione di euro.

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