È guerra tra Parigi e due Paesi frontalieri, la Germania e la Svizzera (ma non ancora l’Italia), preoccupati per la sicurezza delle centrali nucleari francesi, situate vicino ai confini. Venerdì il portavoce di Barbara Hendricks, socialdemocratica, ministro tedesco dell’Ambiente, ha addirittura chiesto che venga chiusa al più presto la centrale di Fessenheim, in Alsazia.

Si trova sulle rive del Reno, proprio davanti al territorio tedesco (e a una quarantina di km da Basilea, in Svizzera). È il più vecchio impianto nucleare civile francese, inaugurato nel 1977, già al centro di polemiche per le sue vetuste strutture e discutibili misure di sicurezza. Durante la campagna per le presidenziali del 2012, François Hollande aveva promesso di fermare l’attività di Fessenheim entro la fine del suo mandato, nel 2017, sulla scia di uno scetticismo sul nucleare che aveva contaminato per la prima volta anche la Francia, dopo l’incidente a Fukushima. Ma nel settembre scorso il presidente ha rinviato la chiusura al 2018. In campagna Hollande aveva anche stabilito di ridurre progressivamente la quota di origine nucleare nella produzione elettrica francese. Ma pure questa promessa è stata, strada facendo, dimenticata. Anzi, Ségolène Royal, ministro dell’Ambiente, si è detta di recente “pronta ad allungare la vita media prevista delle centrali nucleari di dieci anni”: da 40 a 50, tenendo conto che il grosso dei 58 reattori francesi risale ormai agli anni Ottanta.

In parallelo, in Germania le cose sono andate diversamente. Dopo l’incidente in Giappone nel 2011, Berlino ha varato uno smantellamento progressivo: l’ultima centrale cesserà le sue attività nel 2022. Cresce, invece, la preoccupazione per queste vecchie centrali, di cui in Francia si prolunga continuamente la vita. Il portavoce del ministro Hendricks ha detto che “Fessenheim deve chiudere il più rapidamente possibile, perché è troppo vecchia per rimanere ancora in attività. Reattori del genere rappresentano un importante problema di sicurezza per la popolazione dell’area frontaliera”. Proprio nella mattina di giovedì due media tedeschi (tra cui il quotidiano Süddeutsche Zeitung), sulla base di documenti segreti, hanno indicato che un incidente, avvenuto il 9 aprile 2014 a Fessenheim, aveva messo la centrale “temporaneamente fuori controllo”. Le autorità francesi, invece, avevano dichiarato una semplice “anomalia”, classificabile 1 sulla scala da 0 a 7 dei rischi degli impianti nucleari. Da parte sua, l’Asn, l’Autorità nucleare francese, un organismo pubblico, ha sottolineato giovedì che “non esistono ragioni da un punto di vista della sicurezza di chiudere Fessenheim”.

Le polemiche, comunque, non riguardano solo la centrale alsaziana. Il comune di Ginevra e il cantone della città svizzera hanno depositato il 2 marzo un ricorso presso la giustizia francese riguardo al sito nucleare di Bugey, distante circa 70 km in linea d’aria, “per la messa in pericolo della vita altrui e per l’inquinamento delle acque”. Si tratta di una centrale che iniziò a operare fra il 1978 e il ’79. E dove, per di più, si sta oggi costruendo un impianto di stoccaggio di residui radioattivi. Non finisce qui: i Verdi tedeschi hanno commissionato uno studio presso esperti indipendenti sulla centrale di Cattenom, nella Mosella. Sono state riscontrate anomalie, perché, come si legge nel rapporto, “alcuni sistemi di sicurezza non operano gli uni indipendentemente degli altri”. È una situazione tale da rendere Cattenom “come un’automobile i cui freni non funzionerebbero più”. Il Lussemburgo ha appena deciso di sottoporre la relazione all’esame della Commissione europea, chiedendo un parere.

Intanto, nessuna protesta sul fronte sud del confine francese, quello con l’Italia. Ma potrebbero non tardare. Bugey non è così lontana dal nostro Paese, e delle altre tre centrali relativamente vicine al territorio italiano (Cruas, Saint-Alban e Tricastin), è la terza, costruita negli anni Settanta, a destare i maggiori timori, anche fra i militanti francesi anti-atomo.

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