La classifica “Rompiscatole” di Greenpeace, che valuta la sostenibilità del tonno in scatola venduto in Italia, ha un solo promosso: Asdomar. Sul podio seguono Esselunga e Conad, rimandato invece Rio Mare e bocciato Mareblu. “Le scelte dei consumatori possono davvero influenzare le decisioni delle aziende e garantire un futuro al mare”, ha detto Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace Italia.

Undici marchi sono stati valutati in base a politiche di acquisto, trasparenza e adozione di precisi criteri di sostenibilità ambientale e sociale. A due anni dall’ultima classifica per la prima volta un marchio venduto nel nostro Paese, Asdomar, è arrivato in fascia verde grazie alle azioni intraprese per riempire le sue scatolette con tonno pescato usando tecniche sostenibili, come la pesca a canna, applicata nel 30% delle sue produzioni. Esselunga e Conad occupano la fascia arancione perché, nonostante i progressi, dovrebbero esigere dai loro fornitori informazioni più dettagliate sui metodi di pesca. Rio Mare rimane al quarto posto perché, spiega Greenpeace, “dimostra di voler mantenere gli impegni ma non ha fatto ancora abbastanza” e nella maggior parte delle sue confezioni finisce ancora tonno pescato con metodi distruttivi. Mareblu è stato invece declassato in fascia rossa: solo lo 0,2% dei suoi prodotti è pescato in modo sostenibile. “Mareblu continua a comportarsi in modo irresponsabile, tradendo la nostra fiducia: deve rispettare subito gli impegni presi, eliminando metodi di pesca distruttivi e garantire una pesca equa”, ha spiegato Giorgia Monti.

“Solo cinque anni fa, quando abbiamo iniziato questa campagna, quasi nessuna azienda aveva adottato criteri di sostenibilità nella scelta del tonno da mettere nelle scatolette e la maggior parte si trovava in fascia rossa” – ha spiegato Monti – Oggi invece quasi tutti i marchi che abbiamo analizzato hanno politiche di acquisto scritte nero su bianco. Non solo: il settore ha fatto passi avanti in tema di trasparenza in etichetta e sostenibilità. Questo dimostra che le scelte dei consumatori possono davvero influenzare le decisioni delle aziende e garantire un futuro al mare”. Dall’anno prossimo dieci delle undici aziende presenti in classifica indicheranno sulle confezioni il nome della specie e l’area di pesca, anche in assenza di un obbligo di legge.

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