La crisi continua a farsi sentire. E, secondo gli ultimi dati, a farne le spese sono soprattutto i giovani e i piccoli negozianti. Tra il 2010 e il 2013 il numero degli occupati under 35 è crollato di oltre il 15%, con un calo di un milione di lavoratori. E anche i negozi “tradizionali” rischiano di scomparire: dal 2011 sono addirittura 75mila gli esercizi ad aver chiuso i battenti. 

A fornire i numeri sull’occupazione è l’Istat, secondo cui negli ultimi tre anni il totale degli under 35 al lavoro è passato da 6,3 a 5,3 milioni (-1 milione). In particolare difficoltà la fascia tra i 25 e i 34 anni, per la quale si è registrato un calo di 750.000 unità (4,3 milioni rispetto ai 5 milioni del 2010). Il tasso di occupazione ha subito un crollo dal 65,9 al 60,2 (era al 70,1% nella media 2007), con quindi appena 6 persone su 10 al lavoro nell’età attiva per eccellenza. E se per i maschi del Nord la situazione è ancora accettabile con l’81,4% al lavoro (dall’86,6% del secondo trimestre 2010) al Sud la situazione è drammatica con appena il 51% degli uomini e solo il 33,3% delle donne.

L’imbuto davanti al quale si è trovata la generazione dei “giovani adulti” è dovuto in parte alla stretta sull’accesso alla pensione che ha tenuto al lavoro i più anziani (il tasso di occupazione nella fascia tra i 55 e i 64 anni è passato nel triennio considerato dal 36,6% al 42,1%), in parte alla crisi economica e al generale calo dell’occupazione nelle imprese private insieme al blocco del turn over nella pubblica amministrazione che di fatto ha ridotto al lumicino le assunzioni nel pubblico. Il tasso di occupazione è calato soprattutto tra i giovani uomini del Sud (dal 60,5% al 51% con quasi 10 punti) mentre per gli uomini del Nord il calo si è limitato a 5 punti (dall’86,6% all’81,4%). Per le donne del Sud il calo percentuale è stato meno consistente partendo da un dato basso (dal 34,2% al 33,3%). Se si guarda al complesso degli under 35 (quindi anche ai giovanissimi) il tasso di occupazione a livello nazionale risulta in calo dal 45,9% del secondo trimestre 2010 al 40,4% dello stesso periodo del 2013. Il tasso di disoccupazione nella fascia tra i 25 e i 34 anni è cresciuto dall’11,7% del secondo trimestre 2010 al 17,8% dello stesso periodo del 2013 con oltre sei punti in più. 

E la disoccupazione sempre più massiccia potrebbe trasformarsi in un fenomeno di emigrazione di massa: secondo un sondaggio condotto da Coldiretti-Swg, infatti, il 51% dei giovani italiani sarebbe pronto a lasciare l’Italia per motivi di lavoro. La propensione ad andarsene, sottolinea la Coldiretti, riguarda in realtà sia i giovani disoccupati (53%) che gli studenti (59%), ma anche coloro che hanno già un lavoro (47%) che evidentemente non li soddisfa. Questo perché il 73% dei giovani ritiene che l’Italia non possa offrire un futuro. Non si crede più neanche nella raccomandazione, alla quale solo l’11% dei giovani italiani dichiara di aver fatto ricorso. Il pessimismo è confermato dal fatto che in generale il 61% dei giovani italiani pensa che in futuro la sua situazione economica sarà peggiore di quella dei propri genitori. “Per la prima volta dal dopoguerra – conclude Coldiretti – la nuova generazione sarà più povera di quella che l’ha preceduta”.

Non è più rosea la situazione per i negozianti. L’allarme arriva da Comitas, l’associazione delle piccole e microimprese italiane: rispetto al 2011, sono falliti 74.500 negozi, al ritmo di 136 chiusure al giorno, e circa 300mila posti di lavoro persi. “Nel 2011 – spiega il dossier – in Italia si contavano circa 757.000 piccoli esercizi commerciali al dettaglio, a fine 2012 il loro numero era drasticamente calato a 707.100, ossia in un solo anno 49.900 negozi hanno chiuso i battenti. Il trend negativo, purtroppo, prosegue anche nel 2013: nel primo semestre di quest’anno si sono registrate circa 24.600 chiusure di piccoli negozi, e per fine 2013 gli esercizi commerciali che scompariranno sfioreranno quota 50.000″. “Si tratta di una vera e propria ecatombe” prosegue Comitas. Sotto il profilo del saldo tra chiusure e aperture, i comparti più colpiti risultano l’abbigliamento, i bar e i ristoranti e i negozi specializzati in arredamento. Più penalizzate appaiono le regioni del sud Italia, Sicilia in testa.

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