Il premier lussemburghese Jean-Claude Juncker, che ha guidato il governo del granducato per 18 anni, ha annunciato che presenterà le sue dimissioni domani mattina al capo dello Stato al termine di una riunione del governo. La decisione arriva in serata come conseguenza dello scandalo 007 per cui era stato messo alle strette dal Parlamento. Inutili tutti i tentativi di negare ogni tipo di responsabilità nella vicenda, alla fine Juncker ha dovuto capitolare e fare un passo indietro.  

La resa dei conti è avvenuta in aula, dove il ministro di stato (questa la dicitura ufficiale) si è difeso con le unghie e con i denti, punto per punto, per ben due ore (lui ne aveva chieste quattro, ma i deputati non gliele hanno concesse) sul dossier, dopo diverse audizioni in autunno e già un voto di fiducia un mese fa, allora superato grazie all’appoggio dell’alleato di governo socialista oggi venuto meno, e che per primo ha chiesto elezioni anticipate. “Se sudo, non è perchè ho paura ma perchè fa caldo”, ha sferzato con la consueta ironia Juncker, 58 anni, che ha respinto ogni responsabilità accusando la commissione parlamentare competente in piedi dal 2004 di non aver svolto adeguatamente il suo lavoro di monitoraggio dei servizi segreti, lo Srel. E ha gettato ai 60 deputati il guanto della sfida del voto di fiducia, il secondo in un mese, cosa mai vista dall’indipendenza del Lussemburgo nel 1848: “Se dovete votare, votate”. Il rapporto parlamentare presentato oggi inchioda Juncker in quanto formalmente a capo di un’intelligence che non ha controllato a dovere, dove emerge che quest’ultima avrebbe agito come una “struttura di polizia segreta“, compiendo migliaia di intercettazioni illegali, organizzando missioni fuori dal suo mandato e addirittura facendo affari rivendendo berline di grossa cilindrata. Juncker stesso, vittima di registrazioni (compiute in stile James Bond con orologi-registratori) da parte dell’allora capo dell’intelligence, una volta al corrente dei fatti non avrebbe però preso i provvedimenti giuridici conseguenti, ed è stato accusato anche di avere ‘infiltrato’ il suo ex autista dentro lo Srel.

Di mezzo anche accuse al Grand Duca Herni, che sarebbe stato in contatto con i servizi segreti britannici, e la costruzione di un falso dossier di pedofilia a carico del procuratore generale che voleva indagare sulla serie di attentati compiuti a metà anni Ottanta. Una storia nota come l’affare dei ‘bombaroli ‘, i ‘bommeleeer’ in lussemburghese. A questo si aggiunge il malessere politico-economico degli ultimi tre anni, covato all’ombra dell’assenza del premier occupato con l’Eurogruppo a gestire la crisi dell’eurozona, durante cui l’ ormai ex delfino e ministro delle finanze Luc Frieden ha stretto una serie di controversi accordi commerciali con il Qatar, tra cui quello su Cargolux, che ha portato il ‘gioiello di famiglia ‘ del Lussemburgo vicino al crollo. “Riguardando agli ultimi 30 anni, direi che durante i primi dieci avrei dovuto essere più indulgente nei confronti degli altri, mentre gli ultimi tre avrei dovuto esserlo meno”, ha ammesso Juncker recentemente.

“Con tutta la buona volontà – aveave replicato l’ormai ex premier in Parlamento – non posso riconoscere nessuna responsabilità personale di natura soggettiva. Concludendo: “Se ogni ministro dovesse dimettersi per ogni piccolo errore, allora dovrebbero farlo in molti”. Evidentemente l’errore non era così piccolo. A questo punto in Lussemburgo si va verso elezioni anticipate, probabilmente il prossimo 20 ottobre. 

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