Verso Bruxelles per il rotto della cuffia e grazie a una buona dose di voti sospetti. Fabrizio Bertot, ex sindaco di Rivarolo, comune in provincia di Torino sciolto per infiltrazioni della ‘ndrangheta, potrebbe approdare presto al Parlamento europeo. Dopo l’elezione dei due europarlamentari Gabriele Albertini e Mario Mauro al Senato per lui si sta liberando un seggio. Il suo subentro è ancora al vaglio della Cassazione, ma le possibilità sembrano buone. Nel 2009 Bertot (Pdl) si era candidato al Parlamento europeo nella circoscrizione Italia nord-occidentale e aveva ottenuto circa 19mila voti. Intanto in quei mesi di campagna elettorale la Procura di Torino e i carabinieri stavano osservando i movimenti di alcuni sospetti ‘ndranghetisti della zona, arrestati nel giugno 2011 nell’ambito dell’operazione Minotauro.

Tra quelle persone c’era anche Antonino Battaglia, il segretario comunale di Rivarolo. Su pendono accuse pesanti: concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio. Secondo gli inquirenti, per ottenere il sostegno della “rete dei calabresi” al sindaco Bertot Battaglia ha promesso insieme all’imprenditore Giovanni Macrì venti mila euro al boss Giuseppe Catalano.

L’11 marzo scorso durante il processo “Minotauro” l’ex sindaco stesso, chiamato come testimone, ha raccontato l’episodio alla corte: “Il sostegno di Battaglia alla mia attività politica partì come una cosa scherzosa: siccome ostentava le sue origini, gli chiesi di occuparsi dei calabresi, visto che sul nostro territorio ci sono molte famiglie che fanno comunità. Fu poi lui a presentarmi Macrì”. Ha però negato di sapere qualcosa sulla richiesta di ventimila euro che sarebbero stati versati da Battaglia a Catalano per ottenere il supporto. Due settimane dopo è stato l’ex segretario a raccontare ai giudici i contatti con gli esponenti della criminalità prima delle elezioni: “Macrì mi comunicò che c’era un conoscente (Giovanni Iaria, ndr) che voleva dare una mano a Bertot. Io comunicai al mio sindaco che c’era la possibilità di dare una mano in campagna elettorale e lui diede l’assenso. Con Giovanni Iaria ci siamo trovati il 24 maggio a casa di Giovanni Macrì per un aperitivo col sindaco e alcuni loro conoscenti. Iaria disse che lui aveva tanti conoscenti imprenditori nella cintura di Torino e che poteva organizzare un pranzo per Bertot”.

È il boss Catalano a organizzare tutto: nelle intercettazioni risultano i contatti con alcuni esponenti della ‘ndrangheta per invitarli al pranzo (rigorosamente a base di “pesce stocco”) nel suo “Bar Italia” a Torino il 27 maggio 2009. “Vieni a farmi da interprete”, disse Bertot a Battaglia stando alla testimonianza di quest’ultimo. Durante l’incontro gli investigatori registrano il sindaco di Rivarolo dare istruzioni per il voto e dire: “Io vi ringrazio di tutto quello che state facendo, ma soprattutto per quello che farete”. Due giorni dopo il pranzo nel bar a Battaglia arrivò una richiesta: Iaria gli disse che il boss voleva “un fondo spese da 20mila euro”. “Mi sembrava strano – ha continuato durante la sua testimonianza -. Non avrebbero dovuto chiederli a me, ma a Bertot. Sono rimasto allibito. Quindi il 30 maggio sono andato a chiarire la mia posizione con lui. Ho detto che non ero abituato a pagare voti”. Il boss insistette e l’imprenditore Macrì, intercettato, disse: “I ventimila euro li tira fuori il sindaco e se non li tira fuori lui li tiro fuori io”.

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