Il “Do Not Track” abilitato in automatico per gli utenti di Internet Explorer 10 sta creando una spaccatura importante per Microsoft che si ritrova a subire una vera e propria rivolta di importanti partner commerciali. Coca-Cola, Ford, Nestlé, General Motors: in tutto sono quasi 40 i grandi brand internazionali che hanno sottoscritto una lettera di lamentele indirizzata a Steve Balmer, Bradford Smith e Craig Mundie. Sotto accusa è la scelta dell’azienda di abilitare nelle impostazioni di default il sistema “Do Not Track”, ampiamente utilizzato da tutti i principali browser, che permette di non tenere traccia delle abitudini degli utenti. Una funzione approdata su Chrome, il browser di Google, solo in una delle ultime versioni e che era invece presente su Internet Explorer, Safari, Firefox e Opera già da diverso tempo.

L’universo pubblicitario online ha basato gran parte del suo successo proprio sulla capacità di fornire spot personalizzati agli utenti, a partire dalle abitudini in rete, dai siti più visitati e dalle ricerche effettuate. Una sorta di pubblicità creata su misura a partire dagli interessi dei navigatori del web ma che, certamente, ha intaccato fortemente la privacy degli utenti. Una pratica largamente utilizzata che però, se non esplicitata, ha portato anche a multe milionarie come nel caso di Google preso “con le mani nella marmellata” mentre spiava gli utenti grazie ad un exploit di Safari . Le pubblicità su misura hanno quindi generato una sorta di corsa alla tutela della privacy e ad uno ad uno tutti i browser più utilizzati hanno iniziato ad implementare la funzione del “Do Not Track”, cercando di fidelizzare gli utenti proprio sull’aspetto della tutela della loro privacy.

Fino a questo momento la funzione era attivabile attraverso le impostazioni del browser, mentre nella nuova versione di Internet Explorer, sia per Windows 8, sia per quelle precedenti, sarà abilitata in automatico. Una differenza sostanziale che coinvolgerà principalmente gli utenti meno esperti, fin’ora magari all’oscuro della possibilità di avere a disposizione questo servizio. Nel momento dell’installazione verrà chiesto all’utente di procedere scegliendo una configurazione express o una personalizzata: nel primo caso, la procedura consigliata e solitamente più utilizzata, la funzione verrà abilitata automaticamente. La lettera, pubblicata sul sito dell’Ana – Association of National Advertisers, punta il dito contro questa scelta adducendo a scenari economicamente pericolosi per Microsoft: “Noi crediamo che se Microsoft proseguirà in questa direzione, verrà minata l’efficacia della pubblicità dei nostri associati e, di conseguenza, drasticamente danneggiata l’esperienza online riducendo sia i contenuti che le offerte supportate proprio dalla pubblicità. Queste conseguenze danneggeranno i consumatori, colpiranno la concorrenza e metteranno a rischio l’innovazione americana e la sua leadership nell’economia di internet”.  

Come in tutte le controversie c’è chi esulta e chi invece è in disaccordo: se da una parte questa corsa alla tutela dell’utente non può che favorire i puristi della privacy online, dall’altra il settore pubblicitario sul web ha fondato un’intera economia proprio sulla ricerca di contenuti ben mirati e quindi potenzialmente anche più incisivi. Con il sistema di non tracciamento in funzione non verrà assolutamente nascosta tutta la pubblicità presente nei siti internet visitati, (cosa possibile ad esempio grazie ad alcuni add-on di Firefox) ma semplicemente le aziende non riusciranno più a creare gli spot a misura di utente. Una situazione difficile per Microsoft che, come sottolineato proprio nella lettera, gestisce con Internet Explorer il 43% del traffico pubblicitario degli Stati Uniti con un ricavo che si aggira intorno ai 2,8 miliardi di dollari ogni anno, generato proprio dalle aziende firmatarie della lettera. Per ora i vertici Microsoft hanno deciso di non rispondere pubblicamente alla provocazione invitando i brand e gli utenti ad osservare come la funzione “Do Not Track” continui ad essere facoltativa e disattivabile nelle opzioni del browser, esattamente come prima era attivabile su scelta dell’utente. Nei prossimi giorni l’azienda potrebbe decidere per un dietro-front sulla sua decisione ma, se così fosse, dovrebbe ammettere di essere interessata maggiormente all’introito pubblicitario, piuttosto che alla privacy dei suoi utenti. Facilmente ricorrerà invece ad una nuova finestra durante l’installazione che lascerà decidere all’utente se attivare o disattivare la funzione, prendendo così “due piccioni con una fava”.

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