Venticinque anni e provare a non sentirli. Nel 2011 i James Taylor Quartet hanno festeggiato le nozze d’argento. Due decadi e mezzo di acid jazz, o quasi, dentro al grande calderone di un genere che ha sofferto terribilmente gli influssi elettronici computerizzati e una sorta di improvvisa e inutile fortuna da discoteca. I Jtq erano, e forse, non sono più da tempo.

Sabato 12 maggio suoneranno in Piazza San Prospero a Reggio Emilia per proporre i nuovi brani dell’album The template, uscito proprio un anno fa. Disco che non è proprio il più ispirato del quartetto/quintetto (James Taylor Hammond, Andrew McKinney basso, Mark Cox chitarra, Pat Illingworth batteria, Yvonne Yanney voce) oramai finito tra le secche di un funk che non prorompe e si sviluppa più in ritornelli dagli accordi memorabili.

Diciamolo subito. Dell’ultimo cd salviamo Crossing Over, l’unico brano strumentale dell’opera. Saremo nostalgici ma lì c’è il groove viscerale di mister James a picchettare i tasti bianchi e neri dell’hammond. Il resto è qualcosa che in alcuni momenti sa perfino d’imbarazzante (Koko). Insomma, parliamoci chiaro ma brani come The stretch, Electric boogaloo, Fat boy stomp o il cavernicolo suono di The money spider che ha un’adrenalina imprescindibile dal magma sonoro che sul finire degli anni ottanta sconvolse mezzo mondo del acid jazz, dove li abbiamo ritrovati già sul finire degli anni novanta?

Senza dimenticare, proprio perché non vogliamo essere banali che il tema di Starsky & Hutch o l’assoluta verticalizzazione di un brano come Alfie sono storia e rimangono stampati a caratteri cubitali, quest’ultimo con buona pace di Burt Bucharach e Sonny Rollins, nell’olimpo del jazz.

Poi sarà stato che una decina d’anni fa, dopo anni e anni di concerti al Vox Club di Nonantola, abbiamo ascoltato i James Taylor Quartet in un palazzetto dello sport di Pieve di Cento e il nostro amore è finito praticamente lì. Un’ora e mezza di ritardo (uscita prevista le 22.30 live partito dopo mezzanotte) e insana voglia di finire al dodicesimo brano in scaletta (Starsky & Hutch) suonato ad occhi chiusi e con un piedi già sul furgoncino che li avrebbe riportati nella notte sulla terra d’Albione.

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