L’ex ministro della Giustizia Giovanni Conso? ‘’Persona degnissima, doveva fare il vescovo’’. L’ex capo del Dap Niccolò Amato? “Gli piaceva fare la primadonna’’. Andreotti? ‘’Siamo ormai gli unici due, rimasti vivi, a sapere un pezzo di verità sul caso Moro’’. Parola di monsignor Fabio Fabbri, ex vice-capo dei cappellani delle carceri, e testimone della gestione, ai più alti livelli, del 41 bis negli anni della trattativa mafia-Stato. Il suo superiore, monsignor Cesare Curioni, una sorta di eminenza grigia del mondo carcerario, è l’uomo a cui il capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, nel giugno del ’93, chiese consiglio per scegliere il successore di Amato, silurato dalla guida del Dap per far spazio ad un dirigente più ‘’morbido’’ sulla questione del carcere duro. Sentito per oltre due ore, a Palermo, nel processo agli ufficiali del Ros Mario Mori e Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento alla mafia per la mancata cattura del boss Bernardo Provenzano, il settantenne e arzillo Fabbri ha svelato i meccanismi che hanno determinato la scelta dei funzionari di via Arenula durante il negoziato sotterraneo tra Cosa nostra e le istituzioni (leggi l’articolo integrale).
Video di Silvia Bellotti e Giuseppe Pipitone

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Trattativa stato-mafia e l’ex cappellano delle carceri amico dei potenti

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