Tempo qualche settimana, poi Bardi tornerà a respirare amianto. Il Consiglio comunale del paese della val Ceno – sull’Appennino parmense – ha votato la riapertura della cava di Pietranera, un giacimento di minerali contenenti il crisolito detto anche “amianto bianco” o “serpentino”. Per un voto la maggioranza, guidata dal sindaco Pdl Giuseppe Conti, ha approvato il piano di attività estrattive del sito. La località dista circa 600 metri da un caseggiato ed è ricca di “pietre verdi”, un nome seducente dietro il quale si cela un temibile nemico dell’uomo: il mesotelioma alla pleura, un tumore micidiale che attacca i polmoni. Il minerale per le sue caratteristiche è molto richiesto in edilizia.

L’aula consiliare ha ascoltato la relazione di un tecnico, poi ha pigiato il tasto del voto: delibera approvata. Una volta trascorsi i tempi burocratici la decisione diverrà effettiva e a Pietranera i camion torneranno a caricare le ofioliti, altro nome delle pietre verdi. “Circa 30 camion al giorno transiteranno su una piccola strada e attraverseranno il centro abitato con rischi enormi per la salute” denuncia Fabio Paterniti, anima e coordinatore con un gruppo di cittadini del comitato ‘Cave all’amianto no grazie’. Da mesi il gruppo di pressione battaglia contro la riapertura del giacimento, che venne chiuso circa due anni fa “in seguito ad una denuncia degli organi ispettivi – come riferisce Paterniti – contro la ditta proprietaria”.

Nel 2008 la cava passò di mano, la società che la gestiva la cedette ad un’impresa “ben più grande e dalle maggiori capacità estrattive” come spiegano dal comitato. Fu in quell’occasione che nacque il coordinamento dei cittadini, allarmati dall’innalzamento dei livelli di rischi. Secondo dati ufficiosi, controversi e di complessa intepretazione, a Bardi si sarebbero già riscontrati casi di tumore riconducibili all’attività estrattiva di Pietranera. “Ma cosa vuole – allarga le braccia Paterniti – finora ci siamo sentiti dire che siamo ‘ambientalisti fanatici’ e degli ‘allarmisti’, eppure l’Arpa, l’agenzia regionale per l’ambiente, ha certificato che il sito di Bardi è quello col più alto indice di pericolosità dopo quello di Piacenza, che frattanto però è stato chiuso”.

Ma il consiglio comunale, per ora, non pare curarsene: “Non mi faccia dire cosa penso del sindaco e della sua maggioranza, è meglio” sorride nervoso il coordinatore del comitato. “Ma sa cosa vuol dire avere tutti i giorni circa 30 camion che manovrano e che transitano a 80 chilometri orari con dell’amianto sui rimorchi?”. Vuol dire che, data l’elevata volatilità del minerale, molti abitanti a Bardi faranno l’aerosol con le pietre verdi. “Provate a guardare su google map la Val Taro e la Val Ceno, troverete delle macchie bianche e verdi molto frequenti: sono le cave di ofioliti, che messe insieme costituiscono il giacimento più grande di tutta Italia, almeno tra quelli in attività, visto che in altre province cave del genere sono state chiuse”. Nel Parmense no, non ancora. Anzi qui riaprono. “In totale tra val Taro e Val Ceno ci sono circa nove siti di amianto tra quelli già in funzione e quelli in via di rinnovo di concessione”. Fra queste ultime figura anche la cava di La Chiastra a 10 chilometri da Fornovo Taro.

“Ma d’ora in avanti non staremo certo con le mani in mano – conclude Paterniti – ci daremo molto da fare per scongiurare ancora l’apertura della cava, ci rivolgeremo direttamente al presidente della regione Vasco Errani”.

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