Dopo sedici anni, Andrea Muccioli lascia misteriosamente l’incarico di responsabile della comunità di San Patrignano. Vengono così confermate tutte quelle voci provenienti dall’entourage della famiglia Moratti, in particolar modo da persone vicine a Letizia e Gian Marco, i principali finanziatori della fondazione di San Patrignano, che davano per imminente la rottura tra la famiglia milanese e Muccioli junior.

Trenta milioni di euro di budget (15 dalle donazioni, 12 dall’autofinanziamento con le attività della comunità e 5 dai finanziamenti pubblici), San Patrignano oltre ad un centro di recupero dei tossicodipendenti si è trasformato in trent’anni di vita soprattutto un luogo dove si crea occupazione e si fatturano introiti commerciali per milioni di euro.

E pare proprio che sul versante economico/finanziario che si sia consumato lo strappo definitivo tra Muccioli e i Moratti. Anche se in una dichiarazione congiunta, per smentire le voci di dissensi, Muccioli, Letizia e Gianmarco Moratti sottolinenano di aver sempre lavorato per un unico e comune obiettivo, il bene dei ragazzi di San Patrignano: “è stato così in passato, lo è oggi e lo sarà domani. Scelte e decisioni individuali di ognuno di noi, non modificano questo fatto. Tanto meno il sostegno che da 32 anni tutta la famiglia Moratti offre alla comunità e che continuerà in futuro. Tutto ciò rimane valido, anche nel momento in cui chi oggi ricopre il ruolo di responsabile della comunità, decide di lasciare i suoi incarichi. Sarà San Patrignano stessa, i suoi operatori e i suoi volontari, a decidere come assumersi collettivamente le grandi  responsabilità portate avanti con dedizione e successo da Andrea”.

Andrea Muccioli e’ stato per 16 anni a capo della comunità per tossicodipendenti fondata alla fine degli anni ’70 dal padre, il carismatico Vincenzo. Andrea gli successe alla sua morte, avvenuta nel settembre del 1995, rimanendo fedele erede delle orme tracciate dal genitore: mai una flessione sull’uso del metadone e una possibile “riduzione del danno”, ma un rifiuto chiaro e totale per ogni tipo di stupefacente. Una decisa politica proibizionista che l’ha contrapposto più volte a proposte di legge ed ipotesi di politiche antidroga più tolleranti. La stanza del buco? “Chi la propone nasconde solo il problema”. Gli antiproibizionisti? “Una banda di criminali”

La comunità, sorta su un terreno ereditato da Vincenzo dal nonno, nacque senza esperienza specifica, dopo che l’uomo, da albergatore fallito, si era rifugiato su quella che all’epoca era una spoglia collina. Fu l’incontro del fondatore (che comunque si interessava di psicoterapia, medicina naturale, agopuntura) con una giovane tossicodipendente di Bolzano ad orientarlo verso questo mondo. I primi operatori della Comunità erano una ventina, oggi San Patrignano è la più grande centro contro la tossicodipendenza d’Europa, con centinaia di operatori e di volontari.

Oltre 20mila i giovani che sono passati di lì (figli celebri, come quello di Paolo Villaggio). Anche se la comunità è stata attraversata anche da vicende giudiziarie ed ombre sui metodi non proprio ortodossi utilizzati da Vincenzo Muccioli per costringere i ragazzi ad abbandonare la droga. Parliamo dell’omicidio di Roberto Maranzano nella porcilaia di Sanpa, per cui Muccioli fu prima incriminato per omicidio e poi prosciolto.

Eppure, c’è sempre stato qualcosa di mistico attorno alla figura del “santone” Vincenzo a cui tutto è sempre stato perdonato. Dall’altro lato però, il figlio Andrea, laureato, praticamente il manager dell’azienda di famiglia, ha dichiaratamente sposato la causa del business trasformando San Patrignano in una sorta di valle dell’Eden o di Napa Valley, facendo produrre dalla comunità prodotti vinicoli ed alimentari di altissimo pregio, venduti in tutto il mondo.

Dalla roulotte in mezzo alla fanghiglia con cui il padre fondò la comunità, alle villette di legno in mezzo al verde modello Baviera del figlio Andrea, il futuro di SanPatrignano sembra ora completamente in mano all’ex sindaco di Milano e al marito petroliere.

(d.t.)

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