Isis,
i soldi del Califfo

di Gianni Rosini



Isis,
i soldi del Califfo

di Gianni Rosini

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DUE MILIARDI DI DOLLARI PER IL JIHAD

Due miliardi di dollari all’anno per tenere in piedi uno Stato vasto quanto la Gran Bretagna, con i confini in continuo mutamento a causa delle numerose battaglie in corso e abitato da circa dieci milioni di persone. Se a queste difficoltà si aggiunge la volontà di sferrare attacchi terroristici nel cuore dell’Occidente, ecco spiegato il motivo per cui la macchina del Califfato guidata da Abu Bakr al-Baghdadi non può accontentarsi del tradizionale flusso di denaro che finanzia le altre organizzazioni terroristiche mondiali. Così, gli uomini di Isis hanno dovuto creare un’organizzazione che, prima di tutto, potesse sopravvivere indipendentemente dalle elargizioni di centri del potere politico e religioso presenti in Medio Oriente, ma non solo, garantendosi delle entrate costanti, numerose, diversificate e difficilmente controllabili dagli organi di sicurezza internazionali. In questo modo, lo Stato Islamico è diventato, in poco più di 18 mesi, il movimento terroristico che può usufruire della maggior quantità di denaro e, di conseguenza, quello in grado di compiere gli attacchi terroristici più sanguinosi anche fuori dai territori controllati.

Tra i tanti fattori che lo rendono così potente, non solo economicamente, e indipendente dalle donazioni estere c’è la sua stessa natura. Il Califfato possiede caratteristiche tali da essere assimilato a uno Stato: controlla un territorio all’interno del quale riesce ad amministrare la vita di milioni di persone, imponendo leggi, offrendo servizi e obbligando gli abitanti a pagare tasse. Una forma di controllo possibile grazie all’uso della violenza, ma anche alla proficua macchina della propaganda, capace di creare un’ampia base di consenso alimentata dall’arrivo costante di nuovi aspiranti jihadisti da tutto il mondo. In aggiunta a questa base, che rappresenta la primaria fonte di finanziamento per gli uomini di al-Baghdadi, vanno considerati gli introiti provenienti dai traffici illegali di gas e petrolio, antichità, droga ed esseri umani, lo sfruttamento dell’agricoltura e delle miniere, i proventi dei riscatti, il fundraising sul web e sul deep web e, infine, anche le donazioni estere.

Il Califfato è uno Stato, ha un suo territorio all’interno del quale riesce ad amministrare la vita di milioni di persone


Gli Stati occidentali e il Terrorist Finance Tracking Program statunitense si sono trovati di fronte, così, a un nemico nuovo. Intercettare e bloccare i flussi di denaro destinati a finanziare le organizzazioni terroristiche non è più sufficiente. Per colpire lo Stato Islamico è necessario distruggere un’intera economia che trova linfa vitale in numerosi ambiti e con diverse modalità. David Cohen, ex sottosegretario per il Terrorismo e l’intelligence finanziaria del Tesoro americano, durante il suo mandato ha dichiarato che gli organi di monitoraggio, controllo e intelligence occidentali “non erano preparati” a questo tipo di organizzazione.

Per colpire lo Stato Islamico è necessario distruggere un’intera economia

Sarà anche per questo che solo a dicembre 2015 l’Onu ha adottato una risoluzione, votata all’unanimità, con la quale vengono rinforzate le misure restrittive e le sanzioni nei confronti di quei soggetti, Paesi o organizzazioni che forniscono sostegno ai movimenti terroristici: “Ogni individuo, gruppo, impresa o entità che fornisce sostegno a Isis o ad al-Qaeda – si legge nella risoluzione – è soggetto alle misure restrittive imposte dalle Nazioni Unite, tra cui il congelamento dei beni, il divieto di viaggio e l’embargo sulle armi”. Una decisione che arriva dopo le accuse rivolte ad alcuni Paesi dell’area mediorientale, in particolar modo alle monarchie del Golfo, di aver finanziato milizie ribelli in Siria e Iraq e gli attacchi reciproci tra Russia e Turchia riguardo all’acquisto di prodotti contrabbandati dallo Stato Islamico e al favoreggiamento dei traffici al confine delle terre del Califfato. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, ha spiegato che la decisione degli Stati membri nasce perché “i terroristi continuano a diversificare le loro fonti di sostentamento, al punto che il gruppo oggi ha costruito un impero multimilionario”. Per sconfiggere gli uomini di al-Baghdadi e fermare l’escalation di terrore che ha colpito anche l’Occidente non bastano quindi le bombe della coalizione: prima di tutto vanno chiusi i rubinetti che versano nelle casse dello Stato Islamico milioni di dollari al giorno.