Virgino Merola non raccoglie gli applausi del fronte ‘A’, quello favorevole all’abrogazione dei finanziamenti pubblici alle scuole private, vincitore del referendum consultivo di maggio. Il sindaco di Bologna è stato infatti eletto all’unanimità dal Meeting di Comunione e Liberazione come esempio di “laburismo vero”, di “riformismo concreto” e il simbolo di una “nuova politica” che andrebbe addirittura trasmessa “a Roma” per via della sua battaglia in difesa della convenzione comunale che annualmente devolve circa 1 milione di euro, soldi pubblici, alle paritarie private, per lo più confessionali. Anzi, più che gli applausi, la risposta alle lusinghe cattoliche che il democratico successore di Flavio Delbono si è guadagnato nella sua città, è una promessa: “A settembre – garantiscono i referendari – riprenderemo la battaglia in difesa della scuola pubblica”.

Perché la questione relativa all’esito del referendum, consultazione vinta dal comitato promotore Articolo 33 e dal fronte pro abolizione della convenzione comunale, “non è affatto conclusa”. Tutt’altro. “E non creda, la giunta, che solo perché il comitato Articolo33, terminato l’iter relativo al referendum, si è sciolto, si siano disperse anche le voci di coloro che chiedevano di destinare tutti i fondi disponibili a sostegno delle scuole comunali. In un momento in cui le risorse pubbliche sono ridotte al minimo, e sono oggetto di continui tagli”.

“Ci stiamo organizzando – spiega Catia Zanotti, una delle voci di Articolo 33 – e porteremo avanti il nostro impegno in favore della scuola pubblica perché le istanze di chi a maggio è andato a votare siano ascoltate. Ormai non si tratta più solo di Bologna, che è divenuta un riferimento nazionale: in molte città i cittadini si stanno organizzando per attuare un referendum simile al nostro, e di questo segnale si dovrà tenere conto”. “Purtroppo – continua Zanotti – i complimenti che il sindaco ha ricevuto da Cl non sono inaspettati. Il Pd di Bologna ha agito in totale coerenza con il mondo cattolico, che poi era una delle fazioni sostenitrici dell’opzione B, quella che voleva preservare i finanziamenti alle scuole dell’infanzia private. Quindi, quella del Meeting era una platea facile per Merola, ma ciò non significa che noi ci siamo arresi”.

“E’ strano – commenta anche Bruno Moretto, segretario del comitato bolognese Scuola e Costituzione – per un anno e mezzo il Pd ci ha promesso un dialogo, in consiglio comunale hanno ribadito questa richiesta, e poi non ci hanno nemmeno invitati alla Festa dell’Unità. Anche in questo caso, però, non siamo sorpresi: l’anno scorso il segretario democratico Raffaele Donini disse che non ci avrebbe permesso di raccogliere le firme pro referendum al parco Nord, e lo disse ancor prima che noi chiedessimo l’autorizzazione. Poi, quando posizionammo un banchetto all’ingresso della Festa, spuntò addirittura un volantino, distribuito dai volontari, contro la consultazione. E pensare che in un paio di giorni raccogliemmo più di 2.000 firme”.

Il problema, quindi, non sono solo “i complimenti di Comunione e Liberazione”, partner interessato dalla convenzione “visto che almeno una delle scuole convenzionate con il comune fa capo a loro”, ma ciò che è successo in consiglio comunale a luglio. “Purtroppo è già capitato, nella storia di questo paese, che l’esito di un referendum non fosse tenuto in considerazione. Ma a Bologna il Pd ha fatto di peggio: perché un conto è non applicarlo, un conto è votare perché non sia applicato”.

Intanto, a settembre, almeno 200 bambini, secondo i dati dell’ormai ex comitato Articolo33, “dati provvisori, che andranno confrontati con i risultati di inizio scuola”, rimarranno fuori dagli istituti dell’infanzia comunali. Rimarranno, insomma, nomi inseriti nelle liste d’attesa: “un problema – attaccano i referendari – che non è affatto stato risolto. E questo rende la posizione del consiglio comunale ancor più grave”.

Ma c’è un’altra questione che il sindaco dovrà affrontare nelle prossime settimane, e che rischia di riempire nuovamente piazza Maggiore di cartelli e striscioni contro la giunta democratica: il passaggio del comparto 0-6 all’interno dell’Asp. Un’azienda pubblica per i servizi alla persona. Perché sono centinaia le dade e le maestre pronte a combattere su un tema “per nulla risolto”, “che rischia di mandare in malora la scuola dell’infanzia”. “A luglio abbiamo vinto una battaglia importante, quella contro la Regione Emilia Romagna che nella legge relativa all’unificazione delle Asp ha finalmente escluso la scuola dai soggetti interessati, proprio per venire incontro a Bologna – racconta Alessandra Cenerini, presidente dell’Adi, l’Associazione docenti italiani, che l’11 settembre si riunirà per decidere le iniziative da portare avanti contro il passaggio all’Asp – Il problema è che l’assessore comunale Marilena Pillati ha già detto che non intende tenere conto della posizione della Regione, perché ciò che non viene esplicitamente vietato, allora è permesso. Bene, se questa è la posizione del Comune, se non c’è dialogo allora il sindaco sappia che noi maestre siamo pronte a dare battaglia”.

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