Un giovane bosniaco imputato per ingiuria, rapina e lesioni è stato condannato ieri dal tribunale di Bologna per il solo reato di ingiuria aggravata da razzismo. Assolto per le altre due imputazioni. Il motivo? Sono sparite, scomparse, volatilizzate gran parte delle carte e delle trascrizioni delle udienze precedenti, compresa la querela della parte offesa.

Nel marzo del 2009 un italiano di 22 anni e un bosniaco di 23 aggredirono un giovane eritreo regolarmente residente in Italia, che camminava verso le 4 del mattino in via Fioravanti con la moglie. I due aggressori gli chiesero una sigaretta. Al suo rifiuto colpirono il giovane eritreo di 24 anni al basso ventre, rapinandolo e insultando con ingiurie razziste. Intervenne subito una volante della polizia che bloccò e arrestò i due. La vittima venne dichiarata guaribile in sette giorni. Era così scattata la querela per il reato di lesioni, mentre la procura si era mossa per gli altri due reati, procedibili d’ufficio.

I due aggressori sono già stati condannati. L’italiano anche per il reato di lesioni, mentre il bosniaco solo per ingiuria aggravata dal razzismo. Il tribunale di Bologna, infatti, ha assolto il bosniaco per rapina in punta di diritto, mentre per le lesioni ha affermato la mancanza dei presupposti di procedibilità: mancherebbe quindi la querela, mai presentata. Ma l’avvocato di parte civile, Gian Andrea Ronchi, presentò querela sia per l’uno che per l’altro aggressore.

E a rendere ancora più curiosa la situazione è il fatto che in questo processo del tribunale di Bologna, davanti al giudice Leonardo Grassi, anche gran parte delle carte e delle trascrizioni delle udienze si sono perse. Un agente di polizia che intervenne quella notte, ad esempio, è stato chiamato a deporre davanti alla corte per ben due volte. Poiché la trascrizione della prima testimonianza era sparita, non si trovava da nessuna parte.

Così il tribunale ha assolto il ragazzo bosniaco per il reato di lesioni, in assenza dei presupposti di procedibilità, cioè della querela di parte. Anche se quella querela fu presentata, e a prova di questo c’è la condanna dell’altro aggressore. Presumibile, dunque, che quell’elemento essenziale per una eventuale condanna sia andato perso con tutte le altre carte. L’avvocato del giovane eritreo, Gian Andrea Ronchi, ha scoperto questo increscioso fatto di malagiustizia ieri, alla lettura della sentenza.

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