Capitoli

  1. Matteo Messina Denaro è morto – Le bombe, i miliardi, le coperture e i misteri della latitanza: vita e segreti del boss delle stragi
  2. UN ARRESTO CLAMOROSO
  3. I MISTERI DELLA LATITANZA
  4. PRIMA LE BOMBE POI GLI AFFARI
  5. PADRINI E POLITICI
  6. L'ULTIMO PEZZO DEL PUZZLE
  7. LETTERE A SVETONIO
  8. FEMMINE E PALLOTTOLE
  9. GUARDIE, LADRI E COMPASSI
  10. ALLE ORIGINI DELLA PIOVRA
  11. MORIRE DA LATITANTE
  12. A CENA SOTTO CASA DI MATTEO
  13. UN BIGLIETTO PER CARACAS
  14. L'AMICO DI DELL'UTRI
  15. OMICIDI SENZA MOVENTE
  16. LA NAZIONALE DEI KILLER DI COSA NOSTRA
  17. “I PICCIOTTI SANNO TUTTE COSE”
  18. LA FINE DELLE BOMBE
  19. I SEGRETI DELLA SECONDA REPUBBLICA
Mafie

PRIMA LE BOMBE POI GLI AFFARI - 4/19

Matteo Messina Denaro non è solo il boss delle stragi. Cresciuto sulle ginocchia di Totò Riina, era il pupillo del capo dei capi, il suo luogotenente. Poi, però, con la fine delle stragi, si è riconvertito al codice di Bernardo Provenzano: dopo il clamore delle bombe bisognava inabbissarsi per tornare a fare affari. È “la roba”, cioè i piccioli, i soldi, il bene supremo di ogni mafioso che si rispetti: solo negli ultimi dieci anni un conto veloce ci dice che i beni sequestrati, perché considerati riconducibili a Messina Denaro, valgono più di sette miliardi di euro, un forziere a nove zeri. Dentro c’è di tutto: dicono che fosse suo l’impero da un miliardo e mezzo di Vito Nicastri, un elettricista di Alcamo dai modi decisi diventato ricchissimo grazie alle pale eoliche. L’autorevole Financial Times era arrivato a definirlo il “re del vento” e invece quei soldi investiti nell’energia pulita erano sporchi. Secondo la magistratura erano di Matteo pure i supermercati Despar e una serie di cantine che producevano un vino premiato persino al Vinitaly. Il valore? Quasi 800 milioni. Di più, molto di più, valeva Valtur, il colosso dei villaggi turistici e dei resort: quasi cinque miliardi finiti in mano a Carmelo Patti, un siciliano emigrato in Lomellina per fare l’operaio, arrivato a stringere la mano di Giovanni Agnelli. Anche quella, per gli investigatori, era tutta roba di Matteo. Questo Messina Denaro era un mafioso o un uomo d’affari? Un assassino o un businessman in grado di differenziare gli investimenti, in modo da avere sempre profitti per finanziare la sua latitanza? “Non mi manca nulla. Avevo beni patrimoniali, ma me li avete tolti tutti. Se ancora ho qualcosa non lo dico, mica sono stupido”, dirà dopo l’arresto. Da segnalare che quel suo pallino per gli affari aveva fatto imbufalire Riina, infastidito dal fatto che il suo ex pupillo avesse abbandonato il fronte delle bombe: “A me dispiace dirlo ma questo signor Messina, che fa questi pali eolici, i pali della luce, se la potrebbe mettere nel culo la luce“, sbottava il capo dei capi, intercettato in carcere nel 2012.