Capitoli

  1. Roma, il tramonto della Cultura: finito il “Veltronismo”, la Capitale si è spenta
  2. Pagina 1
  3. Pagina 2
  4. Pagina 3
  5. Pagina 4
  6. Pagina 5
  7. Pagina 6
  8. Pagina 7
  9. Pagina 8
  10. Pagina 9
  11. Pagina 10
  12. Pagina 11
  13. Pagina 12
  14. Pagina 13
Politica

Roma, il tramonto della Cultura: finito il “Veltronismo”, la Capitale si è spenta - 14/14

E' stata poco più di un fuoco fatuo il sogno di Francesco Rutelli e Walter Veltroni. Se nei primi anni 2000 la Notte Bianca, la nascita dell'Auditorium, la Festa del Cinema e le varie 'Case' avevano illuminato una città che voleva competere con le grandi capitali europee, oggi quell'effervescenza resta poco o nulla, gli eventi sono un ricordo e molte istituzioni fiorite in quegli anni sono in difficoltà perché si reggevano sulla capacità del sindaco di attrarre sponsor privati: non si era pensato alla loro autosostenibilità economica. Così con i cambi di amministrazione e la crisi, molte hanno rischiato o rischiano la chiusura

ANSALDO BASE ED EX DOGANA: MILANO HA UN PROGETTO, ROMA NO – “Per capire la differenza tra l’eventismo e le politiche culturali che la Capitale non ha – conclude Severino – è sufficiente il confronto tra il caso di Alsaldo Base a Milano, ex stabilimento industriale che il comune ha da poco assegnato a una cooperativa per farne un polo culturale, e la Ex Dogana a Roma”. Due luoghi simili come tipologia, location e dimensioni, “ma Milano è riuscita attraverso una seri di accordi con le banche, a trovare un operatore locale che su un periodo di 12 anni abbia potuto investire e fare una progettualità seria”. Cosa che a Roma non accade: “L’omologo romano è l’ex Dogana – continua il docente – di proprietà del Cassa Depositi e Prestiti, spazi che vengono gestiti da un gruppo di ragazzi in maniera onorabile perché sono luogo molto effervescente, fanno mostre, convegni e musica, ma sono fatiscenti e non si sono meritate neanche una mano di bianco da parte del Comune. Il che dimostra da un lato come Milano abbia un progetto di identità della città e dall’altro lo spaesamento e la mancanza di progettualità che c’è a Roma, che nella migliore delle ipotesi riesce a far aprire, con agibilità al pubblico ma in maniera contingente, uno spazio abbandonato senza dargli alcuna prospettiva“.