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Report Ue: “Dall’Italia progressi limitati su conflitti di interessi e lobby”. Libertà di stampa: richiami su caso Paragon ed emendamento Costa

Come ogni anno, il Rapporto sullo Stato di diritto pubblicato dalla Commissione europea passa in rassegna gli indicatori dello stato di salute della democrazia nel nostro Paese

Gli attacchi alla magistratura, la durata dei processi, la percezione della corruzione. Ma anche la carenza di regole su lobbismo e finanziamenti ai partiti, il bavaglio all’informazione giudiziaria, la libertà di stampa, l’abuso dei decreti legge. Come ogni estate, il Rapporto sullo Stato di diritto pubblicato dalla Commissione europea passa in rassegna gli indicatori dello stato di salute della democrazia nel nostro Paese e negli altri Stati membri dell’Unione. Nell’edizione 2025 si afferma che l’Italia ha compiuto progressi “limitati, ridotti o nulli” sugli aspetti oggetto delle raccomandazioni formulate lo scorso anno: l’approvazione di norme per regolare il conflitto d’interesse e le lobby, compresa l’istituzione del registro nazionale dei lobbisti, e l’adozione di una normativa sui finanziamenti ai partiti per affrontare la “pratica di convogliare le donazioni attraverso fondazioni e associazioni politiche“.

Libertà di stampa – Male anche la protezione per i giornalisti: non vi sono progressi “nel proseguimento dell’iter legislativo relativo al progetto di riforma in materia di diffamazione e tutela del segreto professionale“, si legge nello schema iniziale dedicato all’esito delle raccomandazioni. Più nel dettaglio, il rapporto afferma che i cronisti italiani “continuano a incontrare ostacoli nell’esercizio della loro professione” e cita lo scandalo del software-spia dell’azienda israeliana Paragon, usato per sorvegliare giornalisti critici con il governo come il direttore di Fanpage Francesco Cancellato e il fondatore di Dagospia Roberto D’Agostino. Il caso “ha sollevato preoccupazioni tra gli addetti ai lavori, che hanno sottolineato come l’uso di uno spyware contro giornalisti fosse un fatto senza precedenti in Italia e violasse il segreto professionale e importanti norme nazionali”, riassume il documento. La Commissione dedica un paragrafo anche all’accesso all’informazione giudiziaria, “fonte di preoccupazione per i giornalisti”: si citano la riforma Cartabia del 2021, che ha limitato al solo procuratore capo la facoltà di fornire notizie sulle indagini in casi limitati, e l’emendamento-bavaglio del deputato di Forza Italia Enrico Costa, in base al quale, dallo scorso dicembre, è diventato proibito citare tra virgolette le ordinanze di arresto. “Secondo il governo, queste misure assicurano un equo bilanciamento tra la protezione della presunzione d’innocenza e la libertà d’informazione. Alcuni portatori d’interesse, però, hanno sostenuto che l’emendamento Costa potrebbe avere effetto deterrente sui giornalisti, i quali potrebbero essere più esposti al rischio di cause per diffamazione in caso di riassunti o parafrasi imprecise“, scrivono gli esperti della Commissione.

Giustizia – Un ampio capitolo, come sempre, riguarda la giustizia. Il rapporto esordisce citando una rilevazione europea secondo cui il giudizio dei cittadini italiani sull’indipendenza dei magistrati dalla politica è migliorato dal 2024 al 2025: se l’anno scorso il 36% degli intervistati definiva il livello di indipendenza “buono” o “molto buono”, quest’anno il dato è salito al 46%. Si dà atto, poi, che i portatori d’interesse ascoltati per stilare il documento (tra cui rappresentanti dell’Associazione nazionale magistrati e del Consiglio superiore della magistratura) hanno riferito di “dichiarazioni pubbliche contro il potere giudiziario da parte di membri del governo e del Parlamento a proposito di inchieste in corso o di decisioni adottate, principalmente riguardanti i migranti”: un riferimento piuttosto chiaro agli attacchi per le mancate convalide dei trattenimenti nei centri in Albania. Sotto questo aspetto la Commissione lancia un monito alla politica: “In base gli standard europei”, ricorda, “i poteri legislativo ed esecutivo dovrebbero evitare attacchi che mettano in crisi l’indipendenza o la fiducia dei cittadini nel potere giudiziario“. Ancora dolente il tasto della durata dei processi, che, si legge, “resta un problema serio nonostante alcuni miglioramenti”. Nel 2023 il tempo necessario per completare un procedimento civile si è abbassato in tutti e tre i gradi di giudizio, “ma rimane il più lungo dell’Unione europea“, pari circa a sei anni. Uno stato di cose che ha costretto l’Italia, nel corso dello stesso anno, a pagare 88 milioni e 376.682,61 euro di risarcimenti per violazione del diritto a una ragionevole durata del giudizio, in base alla cosiddetta “legge Pinto”.

Corruzione e trasparenza – Nella sezione sulla normativa anti-corruzione, il report sottolinea come “la percezione tra esperti, cittadini e dirigenti d’impresa” sia di un livello “ancora relativamente alto” di corruzione nel settore pubblico. In particolare, l’82% degli italiani intervistati considera la corruzione “diffusa” contro una media Ue del 69%, mentre il 41% si sente personalmente condizionato dalla corruzione nella propria vita quotidiana, contro una media Ue del 30%. Nel capitolo si cita l’abrogazione dell’abuso d’ufficio disposta dalla legge Nordio, entrata in vigore nell’agosto 2024: la legge “aveva sollevato preoccupazioni, incluse quelle dell’Anac”, l’Autorità nazionale Anticorruzione, ma “è stata dichiarata in linea con la Costituzione” dalla Consulta in una recente sentenza (pur con un richiamo alla politica sui “vuoti di tutela” lasciati dalla cancellazione del reato). Qualche pagina dopo arriva la bocciatura dell’Italia sulla regolamentazione del lobbismo, oggetto di uno specifico richiamo lo scorso anno: la mancanza di una disciplina organica “continua a essere percepita come una delle maggiori falle del sistema di integrità nazionale”, sottolineano gli esperti di Bruxelles. Sul tema i progressi sono stati “limitati“: i disegni di legge depositati nelle due Camere non hanno fatto passi avanti, se non con l’audizione di alcuni esperti in Commissione. “Ancora nessun progresso“, invece, sulla disciplina del finanziamento ai partiti tramite associazioni e fondazioni: la pratica, avverte Bruxelles, “potrebbe impedire la trasparenza verso il pubblico, e potrebbe far sì che i finanziatori esercitino un’influenza sproporzionata sull’agenda politica in base al peso delle loro contribuzioni”.

Politica – Il quarto capitolo del rapporto è dedicato ai “checks and balances“, i “pesi e i contrappesi” tra i poteri dello Stato: sotto questo aspetto si dà atto in primo luogo delle “reiterate preoccupazioni” sull’abuso della decretazione d’urgenza e della questione di fiducia da parte del governo. Nell’attuale legislatura, da ottobre 2022 a febbraio 2025, il governo ha adottato 87 decreti legge; dei 179 provvedimenti totali approvati dalle Camera, su 48 è stata posta la fiducia, meccanismo che fa decadere la discussione in Aula. “I portatori di interessi ritengono che l’uso combinato di decreti legge e questioni di fiducia potrebbe influire sulla separazione dei poteri tra governo e Parlamento”, riporta la Commissione europea. Un lungo passaggio parla poi del decreto Sicurezza, il provvedimento-bandiera del governo, che ha “sollevato preoccupazioni per un possibile impatto sull’esercizio delle libertà fondamentali“. Il report ricorda come lo scorso dicembre il Commissario per i Diritti umani del Consiglio d’Europa abbia scritto al presidente del Senato avvertendo che alcune previsioni del testo avrebbero potuto entrare in conflitto con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Ignazio La Russa, però, ha liquidato la lettera come un'”inaccettabile interferenza”).