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Ddl Concorrenza, Draghi non tocca le concessioni e Assobalneari festeggia: “Ora ci difenda dai morbosi attacchi dei tecnocrati Ue”

Il governo ha deciso di non decidere e di limitarsi a una mappatura dell'esistente. Per la gioia dei concessionari, che oggi nel 70% dei casi versano allo Stato meno di 2.500 euro all'anno. Il presidente Licordari: "Esiste già una legge dello Stato che proroga le concessioni al 2033". Ma la Ue lo scorso dicembre ci ha messi in mora. Il sindaco di Rimini: "Il congelamento, seppur motivato da una dichiarata volontà di trasparenza, non aiuta a risolvere lo scenario confuso e precario sul tema delle spiagge, che lascia nudi gli enti locali"

Su ambulanti e concessioni balneari, esattamente come avvenuto sul catasto, il governo Draghi ha deciso di non decidere e di limitarsi a una mappatura dell’esistente per poi – probabilmente – passare la patata bollente a chi verrà dopo. In modo da accontentare la Lega e mantenere la pace nella maggioranza. Così, nel giorno in cui il cdm è chiamato ad approvare il disegno di legge concorrenza atteso fin dallo scorso luglio, i gestori degli stabilimenti festeggiano. Fabrizio Licordari, presidente nazionale di Assobalneari Italia aderente a Federturismo Confindustria, è entusiasta: “Dopo la notizia che le concessioni turistiche ricreative non sono oggetto del cosiddetto decreto concorrenza, Assobalneari esprime la soddisfazione per essere riuscita a fare comprendere al governo, attraverso i parlamentari che si sono sempre occupati della questione, che esiste già una legge dello Stato che è la 145/2018 (ovvero la legge di Bilancio per il 2019, ndr) già passata al microscopio dalla Commissione europea a suo tempo che non fu contestata, e che proroga le concessioni al 2033“. In realtà Bruxelles lo scorso dicembre ci ha messi in mora proprio per l’ulteriore proroga, oltre che per aver “vietato alle autorità locali di avviare o proseguire procedimenti pubblici di selezione per l’assegnazione di concessioni, che altrimenti sarebbero scadute, violando il diritto dell’Unione”.

Per i concessionari, che oggi nel 70% dei casi versano allo Stato meno di 2.500 euro all’anno, ovviamente va tutto bene: “Mettere in discussione questo caposaldo sarebbe stato un errore gravissimo soprattutto in termini di prospettive per una ripresa economica del Paese e del turismo in particolare”, sostiene Licordari. Che ha ben chiari anche i prossimi passi che Palazzo Chigi e il suo inquilino Mario Draghi dovrebbero fare: “L’azione ora necessaria del governo è difendere nei confronti della Commissione europea le imprese turistico ricreative, e perciò anche gli stabilimenti balneari, dai morbosi è fin troppo interessati attacchi dei tecnocrati di Bruxelles” – definizione ironica, considerato che lo stesso ex presidente della Bce è stato spesso definito eurotecnocrate – “che vorrebbero favorire grossi gruppi di investitori esteri per impossessarsi dei nostri litorali a costo zero. L’esecutivo oggi deve proseguire la trattativa con Bruxelles partendo dalla perfetta risposta data alla richiesta europea di messa in mora dell’Italia facendo comprendere a quei signori, che manco sanno cosa significa impresa turistica, che siamo locatari di un bene e non di un servizio come lo stesso Bolkestein è venuto a dichiarare presso il Parlamento italiano”.

Esulta anche Antonio Capacchione, presidente del Sindacato Italiano Balneari aderente a Fipe Confcommercio: “Bene l’esclusione dei balneari dal disegno di legge sulla concorrenza. Bene anche la ricognizione delle concessioni dei beni, del resto già prevista nella riforma della disciplina contenuta nella legge 145/2018 (legge finanziaria 2019). È tempo che si applichi, senza indugio, questa legge che delinea un percorso di riforma della materia non più dilazionabile. Non può vivere nell’incertezza la balneazione attrezzata italiana costituita da 30.000 imprese con 1 milione fra addetti diretti e indiretti”. Licordari non può che concordare: “Le argomentazioni per uscirne ci sono, ma si tratta di risolvere l’annosa questione una volta per tutte a livello politico e non permettere che siamo pochi giudici ad esprimersi sul futuro di 30.000 imprese che contribuiscono a fare ripartire il settore economico del turismo favorendo occupazione e indotto. Ci auguriamo che quanto avvenuto oggi sia il primo passo per andare nella direzione giusta”. Durante la seduta del 21 ottobre il Consiglio di Stato, interpellato dopo che sono partiti contenzioni tra concessionari e amministrazioni locali che non hanno applicato la proroga al 2034, ha deciso di prendersi almeno venti giorni per rendere pubblica la propria decisione su diversi aspetti tecnici riguardanti l’applicazione della legge che ha prorogato le concessioni.

Per Capacchione “la decisione del Consiglio di Stato (attesa per le prossime settimane), sarà importante ancorché spetti alle Istituzioni rappresentative (Governo, Parlamento e Regioni), risolvere questa intricata vicenda con un giusto bilanciamento fra la concorrenza e i diritti fondamentali delle aziende attualmente operanti, salvaguardando la balneazione attrezzata italiana che costituisce un prezioso vantaggio competitivo del Paese nel mercato internazionale delle vacanze“. Un vantaggio competitivo che non pare ripercuotersi positivamente sui lavoratori del comparto, visto che – come raccontato nella videoinchiesta pubblicata la scorsa estate da ilfattoquotidiano.it – le condizioni offerte sono molto spesso al limite dello sfruttamento e il “nero” dilaga.

Il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli, boccia la scelta del governo definendo il rinvio dell’applicazione della Bolkestein “il manifesto dei finti liberali”: “In realtà, si tratta di privilegi che rimangono intoccabili, per esempio l’Hotel 5 stelle Cala di Volpe, di proprietà della Smeralda Holding dell’emiro del Quatar per la sua spiaggia versa 520 euro l’anno, l’emiro per i suoi 4 hotel ha incassato 106 milioni di euro. O vogliamo parlare del Twiga di Briatore e della Santanchè che pagano allo stato 17mila euro a fronte di un fatturato di 4 milioni di euro, oppure il Papeete che paga 10 mila euro anno ma fattura 3,2 mln di euro. La realtà è che una concessione che viene pagata allo stato 47 euro al giorno serve ad arricchire i concessionari, ad esempio in solo giorno una pagoda al Twiga costa 1.000 euro. Questo da la misura di questa vergogna e di come siamo intoccabili questi privilegi”.

Perplesso il neo sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad secondo cui “questo temporaneo ‘congelamento’, seppur motivato da una dichiarata e comprensibile volontà di trasparenza, non aiuta a risolvere lo scenario confuso e precario sul tema delle spiagge, che si protrae ormai da tempo e che lascia nudi gli stessi enti locali nella gestione della cosa”. A giudizio del primo cittadino riminese, la scelta compiuta “può essere letta in due modi. Il primo è l’attenzione con la quale evidentemente l’Esecutivo si vuole muovere su una materia delicatissima e cioè con un quadro chiaro e attualizzato di una situazione molto complessa e frastagliata anche a livello territoriale. Sei mesi per avere un quadro completo con il quale e grazie al quale poi assumere la decisione definitiva, in dialogo con l’Europa”. Tuttavia, ribadisce Sadegholvaad, “conosciamo bene il ‘tutti contro tutti’ tra legge di proroga al 2033 e eterogenei pronunciamenti dei vari livelli di giustizia circa la liceità o meno della stessa. Nessuno o quasi, in queste condizioni di incertezza, potrebbe/vorrebbe investire sulla riqualificazione del bene in gestione. Che occorra fare chiarezza immediatamente, lo chiedono gli stessi operatori balneari”.