Calcio

L’arroganza del potere di Agnelli: con la sua Superlega non ci sarà più un Benevento che batte una Juventus

FATTO FOOTBALL CLUB - Il presidente bianconero sta giocando sotto traccia la partita che più gli interessa, per giocare solo grandi partite. Dimentica che il calcio è speciale perché chiunque nella gara secca può battere chiunque, come è accaduto ieri

Andrea Agnelli non si diverte a vedere Juventus-Benevento. Lui che è un grande presidente di una grande squadra vorrebbe solo grandi partite: sogna un campionato dove i ricchi si incontrano solo con i ricchi, per diventare ancora più ricchi. E non c’è spazio per favole e Cenerentole (lui del resto non vorrebbe nemmeno l’Atalanta in Champions, il meglio che ha prodotto l’Italia negli ultimi tre anni). Dopo la figuraccia di domenica che probabilmente ha messo fine alle ambizioni scudetto dei bianconeri. si potrebbe liquidare la questione con una battuta: semplicemente sbertucciando Agnelli (come per altro hanno già fatto in giro per l’Europa dopo l’eliminazione col Porto), rinfacciargli che mentre lui pensa alla SuperLega e si lamenta dei troppi match non competitivi, la sua squadra totalizza la miseria di un punto fra andata e ritorno contro il piccolo Benevento. Ma il discorso è molto più serio di così.

Da settimane, mesi, Agnelli sta giocando sotto traccia la partita che più gli interessa, quella della SuperLega. Magari non gli basta nemmeno la nuova SuperChampions (più partite, più squadre in un girone unico con sistema svizzero), concessa dalla Uefa proprio per andare incontro alle brame dei club. Lo dimostra quanto sta accendendo in Serie A, con l’assegnazione dei diritti tv tra Sky e Dazn bloccata anche e soprattutto dal controverso progetto di vendere un pezzo di campionato ai fondi di investimento stranieri: prima lo volevano tutti, i piccoli disperati per la crisi del Covid lo vogliono ancora ma le “big” e in prima fila la Juventus hanno cambiato idea. Il contratto, svelato in anteprima da Il Fatto Quotidiano, impegna i club per almeno dieci anni. E forse proprio così si spiega la giravolta di Agnelli, che preferisce tenersi le mani libere in vista di possibili sviluppi europei.

Quel progetto, però, è una sciagura per i campionati nazionali e per il pallone intero. L’hanno capito tutti in Europa, dalla Spagna all’Inghilterra alla Francia, lo scrivono quotidiani prestigiosi come L’Equipe o The Indipendent, lo ripete Javier Tebas, il manager che ha fatto grande la Liga. E non è solo una questione economica. Non è solo perché chiunque non accecato dalla smania di moltiplicare all’infinito i ricavi, capirebbe che Juve-Real, Liverpool-Barcellona, Psg-Bayern, sono un grande evento nel momento in cui si giocano due volte l’anno, e non lo sarebbero più ripetute una volta a settimana. Non è nemmeno campanilismo spicciolo, difesa degli interessi della Premier o della Liga.

I tifosi bianconeri ovviamente non saranno d’accordo, ma il Benevento che vince in casa della Juventus è una meraviglia. Come è una meraviglia quando Inter, Milan o chiunque altro perdono contro una neopromossa, qualsiasi volta che Davide batte Golia. Perché è ciò che rende il calcio speciale. È l’unico sport dove chiunque nella partita secca può battere chiunque, anche una squadra di dilettanti contro i campioni del mondo, perderanno 99 volte su 100 ma avranno comunque una chance. Non succede nel rugby, dove i più deboli partono sempre sconfitti in partenza, ma nemmeno nel basket, nella pallavolo, ovunque. È la ragione per cui il calcio continuerà ad essere guardato, forse di meno in futuro perché è vero che le nuove generazioni cercano altro, ma non è certo rinunciando alle proprie origini che si fermerà l’emorragia. Juve-Benevento 0-1 è l’essenza del pallone e chi lo ama davvero non può volerla distruggere. Ma di tutto questo Agnelli si è stancato. Dopo la partita di ieri, si può anche capirlo.

Twitter: @lVendemiale