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Televisione

Masterchef, i finalisti decisi da 7 platesse e dalla sindrome di D’Alema (ma aridatece er sangue) - 4/8

Masterchef si fa sempre più una cosa seria, non come quell'altra roba che succede domenica che viene. E il tasso agonistico assomiglia sempre di più alla finale di biathlon, con la differenza che ci sono molti più spettatori, anche in studio

La sindrome di D’Alema
Nell’invention test i cinque devono rivisitare in forma più leggera dei capolavori della cucina italiana: la Genovese della cucina napoletana, la ribollita toscana, la coda alla vaccinara, la cassoeula, il brasato al barolo. Asciugata l’acquolina, c’è da dire che non solo è Simone a decidere chi fa cosa, ma può anche togliere degli ingredienti a ciascuno degli avversari. E qui lo colpisce la sindrome di D’Alema, patologia conosciuta in tutti i manuali dei leader della sinistra, compreso quello di Piero Grasso a cui però devono ancora fare la diagnosi. Simone, infatti, incredibilmente vieta di usare l’acqua a Mamma Orsa Denise, la toscanona che sbaciucchia sempre tutti. Poteva toglierle il fritto, le verdure, un frullatore: no, l’acqua. Lui dice di non averlo fatto apposta perché non aveva capito che il divieto di usare l’acqua era anche per cucinare (non si capisce per cosa doveva essere, per tirare lo sciacquone, per fare gavettoni, per realizzare un bacino artificiale di canottaggio?).