Capitoli

  1. Grandi aziende in crisi, dall’acciaieria di Piombino all’ex Irisbus: le fabbriche date per risorte da Renzi sono in bilico
  2. Il flop di Piombino: crisi senza fine
  3. I nodi dell'Ilva dagli esuberi alle bonifiche
  4. Ex Firema: da gennaio 65 operai senza ammortizzatori sociali
  5. Ex Irisbus, Renzi esulta. Ma ad oggi lavorano solo 70 operai (su 293)
  6. "Mancanza di politica industriale"
Lobby

I nodi dell'Ilva dagli esuberi alle bonifiche - 3/6

"Un'acquisizione strategica", festeggiava l'allora presidente del Consiglio nel dicembre 2014. Ma tre anni dopo, il futuro del siderurgico toscano è ancora in bilico: 2mila addetti in cassa integrazione. Un problema che conoscono bene anche negli stabilimenti Ilva, ex Firema ed ex Irisbus. Ogni volta la stessa storia: subito dopo la firma il segretario Pd esultava dando tutto per risolto. Eppure ancora oggi la vera ripartenza è un miraggio

L’Ilva si trova in una situazione simile a quella dell’ex Lucchini nel dicembre 2014. Ci sono una futura proprietà e promesse di investimento per oltre 5 miliardi di euro. Ma i nodi da sciogliere sono diversi e la trattativa con i sindacati (vincolante per la cessione) deve ancora iniziare. Le posizioni sono lontane: Arcelor Mittal e Gruppo Marcegaglia prevedono 4mila esuberi e avevano proposto l’azzeramento dell’anzianità e del contratto integrativo. Cgil, Cisl e Uil insistono perché nessun lavoratore passi sotto l’ombrello di Ilva in amministrazione straordinaria che darà – di fatto – un futuro lavorativo a tempo: le garanzie finiscono nel 2023. E c’è poi il tema dell’indotto, che oggi occupa più di 3mila addetti solo a Taranto: perfino la Confindustria jonica si è detta scettica sul futuro e ha chiesto garanzieIl via al negoziato è previsto il 9 novembre, mentre Comune di Taranto e Regione Puglia chiedono di essere coinvolte e contestano il piano ambientale. Dieci giorni fa il segretario del Pd ha detto a Narni, durante il suo viaggio in treno, che “ci sono troppi esuberi”. L’iter del bando di gara è stato seguito – e rimandato diverse volte – dal suo governo, poi la scelta è arrivata quando ormai aveva lasciato Palazzo Chigi. La linea – ha detto comunque dalla provincia jonica negli scorsi giorni dopo l’incontro con i rappresentanti sindacali – è “chiara”: “L’azienda deve funzionare facendo la bonifica ambientale, migliorando l’impatto sanitario, tutelando i posti di lavori e aumentando correttamente la produzione”. Aspetti sui quali i tecnici nominati dai commissari straordinari per valutare le offerte arrivate per l’Ilva erano stati molto critici, ritenendo “incoerente” investimenti e risultati prospettati dai vincitori.