Capi di bestiame dispersi, morti e sotto stress. Che non producono più latte, non mangiano abbastanza o sono troppo deboli per affrontare la gestazione. Prima il sisma, poi la neve hanno messo in ginocchio gli allevatori del Centro Italia. “Stavolta è davvero dura", dicono. E parlano di aiuti inadeguati e soluzioni inefficaci calate dall'alto: "Non decidano a Roma, vengano qui e parlino con noi"
Le sofferenze degli animali e le difficoltà dei proprietari: “Ecco cosa significa perdere una bestia” – La sofferenza degli animali sta sia nei capannoni e negli stabbi, sia tra i boschi e le montagne. E l’ansia dei proprietari segue quella sofferenza: dentro e fuori dalle stalle. La prima immagine che Ercole, veterinario professionista, descrive, è quella delle pecore gravide: “Solo nei due stabilimenti che ho visitato oggi, a Campotosto, ci sono più di mille ovini che rischiano l’aborto e le relative complicazioni”. Le monte sono programmate, qui come altrove: la gente nei supermercati e nelle macellerie vuole gli agnelli per Pasqua, e dunque si fa in modo che le pecore ogni anno partoriscano tra febbraio e marzo. E poi a primavera c’è erba fresca da brucare: e il latte migliora in qualità. “Insomma, ora siamo nel periodo più critico. Le pecore gravide sono più deboli: rischiamo di vederle morire, oltreché di non avere gli agnelli. Discorso analogo per le cavalle: almeno quelle che stanno nei recinti o nelle stalle”.