Capi di bestiame dispersi, morti e sotto stress. Che non producono più latte, non mangiano abbastanza o sono troppo deboli per affrontare la gestazione. Prima il sisma, poi la neve hanno messo in ginocchio gli allevatori del Centro Italia. “Stavolta è davvero dura", dicono. E parlano di aiuti inadeguati e soluzioni inefficaci calate dall'alto: "Non decidano a Roma, vengano qui e parlino con noi"
Il terremoto del 24 agosto a Mario ha danneggiato una stalla; quello del 18 gennaio, unito alla neve, gliel’ha distrutta. Sotto le macerie sono morte 3 vacche e 60 tra pecore e capre. “A settembre scorso avevamo prospettato alla Regione una soluzione concordata che ci consentisse di ricostruirci in modo autonomo la stalla. Ma la nostra richiesta non era in linea con le linee imposte dalla Protezione civile, e quindi siamo rimasti in attesa di una soluzione calata dall’alto”. Che però non è mai arrivata. “Il paradosso – prosegue Mario – è questo: ci si impedisce di avanzare proposte alternative a quelle previste nei piani generali stilati a Roma. Al contempo, però, la burocrazia rende queste strategie istituzionali lente e inefficienti. E anche poco convenienti per la collettività. Alcune stalle sono risultate inagibili perché avevano danni lievi, soprattutto ai tetti. Avremmo potute ripararcele da soli, chiedendo poi i contributi, ma ci è stato detto di aspettare le tensostrutture”.