Nonostante condanne e scandali, i vari numeri uno degli sport italiani restano in sella per decenni. Due esempi: Luciano Rossi e Sabatino Aracu, entrambi politici nel tempo libero, sono i numeri uno di tiro a volo e pattinaggio dal 1993. Merito (o colpa) di un insieme di regole che penalizza eventuali sfidanti. "Hanno in mano potere, cassa e giustizia. E questo fa sì che chi comanda oggi, al 90% lo farà anche domani”, spiega Marzio Innocenti, ex capitano della nazionale di rugby, che lo scorso settembre ha provato invano a sfidare l’ordine costituito. Soluzione? Cambiare le norme dall'esterno, introducendo limiti di mandato. Malagò ci proverà (dopo la sua rielezione)
In alcuni casi le elezioni federali sono finite in tribunale. Nella canoa, ad esempio, la rielezione di Luciano Buonfiglio è stata possibile solo grazie all’esclusione dal conteggio del quorum di quasi 400 schede nulle; un’interpretazione discutibile contro cui gli sfidanti hanno fatto ricorso e attendono ancora un giudizio definitivo. Addirittura farsesco, invece, l’epilogo nella Federazione danza sportiva: qui il vincitore è cambiato praticamente tre volte nel giro di un mese. Nella prima assemblea elettiva il presidente uscente e grande favorito Zamblera aveva deciso a sorpresa di ritirarsi; così era stato eletto per acclamazione Giovanni Costantino. Il Coni, però, aveva annullato il risultato per irregolarità procedurali (l’acclamazione non è prevista dallo statuto), indicendo nuove elezioni a inizio dicembre. Solo una formalità, si pensava: invece Costantino, acclamato all’unanimità solo poche settimane prima, è stato battuto nettamente da Michele Barbone. Dirigente di lungo corso, guarda caso molto vicino al n.1 del Coni Malagò, ma ancor di più all’ex presidente Ferruccio Galvagno, radiato a vita nel 2011 per uno scandalo di gare truccate passato alla storia come “Danzopoli”. Per fortuna ci sono state anche elezioni più serene: nello sci nautico Luciano Serafica è stato rieletto col 100% dei consensi, prendendo 2.111 voti su 2.111.