Capitoli

  1. Federazioni al voto (per sport): la casta dei presidenti per sempre. Jury Chechi: ‘Sistema non permette il cambiamento’
  2. SOLO IL N.1 DEL PENTATHLON BATTUTO ALLE URNE
  3. DA JURY CHECHI A NORMA GIMONDI: LA CARICA (FALLITA) DEI GRANDI EX
  4. GOLF, TIRO A VOLO E PATTINAGGIO: DINOSAURI DA RECORD
  5. RICORSI NELLA CANOA E IL “BALLETTO” DELLA DANZA
  6. LIMITE DI MANDATI UNICA SOLUZIONE?
Sport

DA JURY CHECHI A NORMA GIMONDI: LA CARICA (FALLITA) DEI GRANDI EX - 3/6

Nonostante condanne e scandali, i vari numeri uno degli sport italiani restano in sella per decenni. Due esempi: Luciano Rossi e Sabatino Aracu, entrambi politici nel tempo libero, sono i numeri uno di tiro a volo e pattinaggio dal 1993. Merito (o colpa) di un insieme di regole che penalizza eventuali sfidanti. "Hanno in mano potere, cassa e giustizia. E questo fa sì che chi comanda oggi, al 90% lo farà anche domani”, spiega Marzio Innocenti, ex capitano della nazionale di rugby, che lo scorso settembre ha provato invano a sfidare l’ordine costituito. Soluzione? Cambiare le norme dall'esterno, introducendo limiti di mandato. Malagò ci proverà (dopo la sua rielezione)

Alfredo Gavazzi continuerà a guidare il rugby italiano nonostante un bilancio del movimento disatroso

Mai come quest’anno in diverse Federazioni sono partite delle “rivolte” dal basso, spesso guidate da ex atleti, sempre sconfitte. Ci è andato molto vicino Jury Chechi, il “signore degli anelli” che sognava di far rinascere la sua ginnastica. “Zero risultati, calo di tesserati, malcontento diffuso non bastano per rompere col passato”, racconta a ilfattoquotidiano.it. “Il mio sfidante era in Federazione da 28 anni, aveva tanti contatti… Io sono arrivato al 48%, è stato un miracolo. Purtroppo non è bastato”. Ci ha creduto pure Marzio Innocenti nel rugby. “Chi comanda ha in mano un sistema per cui alla fine a tutti o quasi arriva qualcosa: un incarico, un torneo da organizzare, una nuova struttura da costruire. Così le risorse non vengono spese per fare il bene del movimento. Mentre a chi si oppone viene fatta terra bruciata intorno”. Stesso destino anche per Antonio Rossi nella canoa e Stefano Mei nell’atletica. La prossima a provarci sarà Norma Gimondi, figlia del grande Felice, che a gennaio sfiderà nel ciclismo l’impero di Renato Di Rocco. “Mi hanno chiesto di candidarmi perché il nostro mondo è strangolato da questi personaggi che pensano solo al proprio tornaconto”. Non sarà facile, però. La Gimondi lamenta anche un problema di rappresentanza: “Votassero società e atleti, il ciclismo di sarebbe liberato da tempo. Invece il presidente lo eleggono i delegati, che rispondono spesso a logiche clientelari”. Stesso ostacolo incontrato da Chechi: “Alle nostre elezioni c’erano mille società votanti e solo 200 presenti: le altre si sono espresse per deleghe. Tutto legittimo, ma questo sistema non permette il cambiamento”.