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“Stati Uniti e Arabia Saudita favorevoli al golpe in Giordania voluto dal fratellastro del re”: la rivelazione del Washington Post

Il quotidiano americano ricostruisce la fitta rete internazionale sviluppata dietro al tentato golpe per fare cadere Re Abdullah. La prossima settimana andranno alla sbarra Bassem Awadallah, ex alto funzionario della casa reale, e Cherif Hassan ben Zaid, un tempo inviato speciale del re a Riad

Stati Uniti e Arabia Saudita erano favorevoli alla salita al trono del principe Hamzah Hamzah bin Hussein, che ad aprile aveva tentato il colpo di Stato e la deposizione del re Abdallah II di Giordania, suo fratellastro. A rivelare la trama con diramazioni internazionali del golpe fallito è il Washington post che, in un articolo di David Ignatius, ha ricostruito la trama nella quale si incrociano Amman, gli Stati Uniti, Riad e Gerusalemme. Hamzah, fratellastro del re, non sarà sul banco degli imputati, la settimana prossima davanti al Tribunale per la sicurezza dello Stato. Alla sbarra andranno Bassem Awadallah, ex alto funzionario della casa reale, saudita e divenuto uno dei principali consiglieri di Mohammed bin Salman, e Cherif Hassan ben Zaid, un tempo inviato speciale del re a Riad. Entrambi rischiano 20 anni di carcere.

Secondo quanto ricostruito dal Washington Post, il re Abdallah aveva attirato l’ostilità americana in quanto si opponeva agli Accordi di Abramo siglati da Emirati Arabi, Usa, Israele e Bahrein. Una posizione innescata dalla decisione di Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale dello Stato ebraico, mettendo così in dubbio la legittimità della monarchia giordana nel suo ruolo di custode dei luoghi sacri dei musulmani. La posizione dell’amministrazione americana divergeva in questo modo da quella dell’Onu, che attribuiva parte della sovranità su Gerusalemme ai palestinesi. L’opposizione della Giordania impediva dunque a Riad di unirsi all’accordo, motivo per cui sia l’Arabia saudita che gli Stati Uniti erano favorevoli a un indebolimento del re di Amman.

Il processo – Per quanto non sia alla sbarra, tutti gli occhi saranno puntati indirettamente su Hamzah. Secondo l’atto d’accusa contro i presunti complici, pubblicato oggi, il principe “era determinato a soddisfare la sua personale ambizione di regnare, in violazione della Costituzione e dei costumi hashemiti. E per riuscirci, ha cercato di sfruttare i problemi della popolazione e di provocare la sedizione nella società, in particolare attraverso i tweet scritti da Bassem Awadallah”, si legge nel testo.

Quanto a Cherif Hassan ben Zaid, “amico e parente” di Hamzah, fu lui a raccomandare a Bassem Awadallah di “ottenere un sostegno esterno per aiutare il principe ad accedere al trono”. Perché quest’ultimo “era vicino ai funzionari del regno saudita“. La vicenda risale ad aprile, quando Amman denunciò un complotto per “destabilizzare la sicurezza del regno”, innescando una crisi senza precedenti che portò all’arresto di venti alti dignitari. Nell’occasione la monarchia saudita, potente vicino della Giordania, espresse “pieno sostegno” ad Amman ed alle “misure adottate da re Abdallah e dal principe ereditario Hussein per salvaguardare la sicurezza e la stabilità”. Mentre il principe Hamzah, che sarebbe stato il regista del complotto, promise di “rimanere fedele” a re Abdallah.