Cultura

Regalare libri per la vigilia di Natale è una bella tradizione: ma quali? Ecco qualche idea

In Islanda c’è la tradizione per la vigilia di Natale di regalarsi l’un l’altro un libro e di passare poi la sera a leggerlo nel letto, bevendo cioccolata in tazza. Mi pare una tradizione magnifica, che penso proprio di iniziare ad onorare da quest’anno senza cenoni.

Che libro regalare quindi? Quando si avvicina la fine dell’anno mi fanno spesso questa domanda: quali sono secondo te i libri più belli usciti? E io come ogni volta non ricordo niente. Ogni anno a dicembre mi maledico per non essermi segnato i libri che ho letto. Ho come un vuoto, non ricordo niente: cosa ho letto? Che film ho visto? Chi sono? Bene. Dirò solo quanto è sopravvissuto nella mia precaria memoria, e che evidentemente mi ha colpito parecchio.

Tra gli italiani segnalo il ritorno di Nicola Lagioia con La città dei vivi (Einaudi) sul grave episodio di cronaca nera avvenuto a Roma in cui un ragazzo perse la vita per un macabro gioco di due giovani annoiati. Svegliarsi negli anni Venti (Mondadori) il nuovo saggio narrativo di Paolo Di Paolo mette in parallelo gli anni ’20 e gli anni che stiamo per vivere, sulla falsariga di Woody Allen che in Midnight in Paris si risveglia nella Parigi del jazz e di Hemingway e Picasso.

Silvia Avallone con il romanzo Un’amicizia (Rizzoli) è sempre un’autrice con cui fare bella figura con un’amica romantica. Il racconto gotico di Loredana Lipperini La notte si avvicina (Bompiani) invece è perfetto per gli amanti dell’oscurità. Il romanzo più bello che ho letto ultimamente è stato La metà del cielo (Mondadori) di Angelo Ferracuti, la storia d’amore di uno scrittore che perde la donna amata dopo una lunga malattia. È un libro appassionante, con pagine commoventi, doloroso, mai retorico, scritto magnificamente.

Per quanto riguarda i libri stranieri ne sono usciti diversi meritevoli: Terra alta (Guanda, traduzione di Bruno Arpaia) il primo noir di Javier Cercas, autore spagnolo molto raffinato che solitamente scrive storie tratte dalla realtà storica iberica.

Ho amato molto anche L’estate dei fantasmi (Adelphi, traduzione di Mariagrazia Gini) del britannico Lawrence Osborne, ambientato su un’isola greca dove due adolescenti fanno amicizia e si infilano in un brutto guaio, e Ohio (Einaudi, Traduzione di Cristiana Mennella) di Stephen Markley su quattro vecchi compagni di scuola che si rivedono dopo molti anni e scoprono una scomoda verità che li riguarda.

Per stare sui classici è uscita una nuova traduzione di Gianni Pannofino (finalmente! La vecchia era veramente datata) del noir Addio, mia amata di Raymond Chandler per Adelphi, con una copertina mozzafiato. È tornato anche un romanzo bellissimo di un Nobel dimenticato, lo spagnolo Camilo José Cela pubblicato da una nuova casa editrice molto interessante che si chiama Utopia. Il romanzo si intitola La famiglia di Pascual Duarte ed è l’autobiografia fittizia di un assassino in attesa che venga eseguita la propria condanna a morte.

Per gli amanti della saggistica segnalo Spillover (Adelphi, trad. Luigi Civalleri) di David Quammen: uscito diversi anni fa, ci racconta quello che stiamo vivendo. Infatti Quammen prevedeva l’arrivo di un’imminente pandemia, il motivo? Il disboscamento delle foreste e gli allevamenti di massa. L’ordine nascosto (Marsilio, trad. A. Taroni e S. Travagli) del biologo Merlin Sheldrake è invece un saggio sui funghi; mi rendo conto che a sentirlo dire così non suona molto bene, ma racconta cose parecchio affascinanti su una forma di vita di cui sappiamo poco.

Molto divertente il Manuale di autodistruzione (Il Saggiatore, trad. Marco Cavallo) della giornalista olandese Marian Donner: un breve saggio contro la balla del “voler essere originali”, montata dalle pubblicità, e un incitamento a lasciarsi andare e, perché no, anche a bere di più. C’è poi il saggio Dante (Laterza) dello storico Alessandro Barbero sulla vita del sommo poeta, che in vista del settecentenario dantesco è una lettura obbligatoria. Quando ripartiranno gli aperitivi potrete snocciolare aneddoti sull’esilio dantesco, la lotta tra guelfi e ghibellini, per spiazzare gli amici intenti nell’ennesima discussione su Maradona e la droga.

Un buon proposito per il 2021 che vi propongo è riscoprire la poesia contemporanea. Iniziate con i due libri appena usciti per Il Saggiatore di Louise Glück, premio Nobel per la Letteratura 2020: Averno e L’iris selvatico, tradotti da Massimo Bacigalupo. Nelle motivazioni del premio si legge “per la sua inconfondibile voce poetica che con austera bellezza rende universale l’esistenza dell’individuo”.

C’è anche un classico che in questi tempi casalinghi può essere molto attuale: Oblomov di Ivan Goncarv, un cardine della letteratura russa di metà Ottocento, storia di un uomo che sta quasi sempre sdraiato sul divano e non esce mai di casa. Non lo fa perché non può, ma perché non ha motivo di uscire. Impiega le prime 160 pagine del romanzo solo per alzarsi dal letto. È un inno alla pigrizia e alla sedentarietà come atto di ribellione alla società che ci vuole sempre produttivi. Consiglio l’edizione Feltrinelli con la bella traduzione di Paolo Nori.

Sarà bello addormentarsi la notte di Natale leggendo uno di questi libri. Per sicurezza prendetene uno anche per voi, così quando la zia vi regalerà il solito bagnoschiuma non rimarrete fregati.