Politica

M5S, gli Stati generali sono l’ultima occasione per evitare una scissione rovinosa per tutti

Il M5S ha celebrato nel modo peggiore e più avvilente per iscritti, sostenitori e “semplici” elettori il suo undicesimo compleanno. L’immagine che il Movimento ha dato di sé in questa manciata di giorni che va dall’election day all’anniversario del 4 ottobre non solo è stata la negazione assoluta dell’obiettivo “percorso di successo” conseguito oltre ogni aspettativa e previsione, la definizione è di Mario Sechi un improbabile grillino, ma la materializzazione di un irrefrenabile cupio dissolvi forse già oltre il punto di non ritorno.

In tutta la polemica in atto, non da ieri, tra movimentisti e governativi il garante si è limitato ad intervenire indirettamente con un messaggio altamente evocativo e più eloquente di quanto potrebbe apparentemente sembrare. Anzi ha fatto parlare due protagonisti, testimoni ed interpreti autentici del pensiero politico-filosofico da cui è nato il M5S: Gianroberto Casaleggio e Dario Fo coautori del libro Il Grillo canta sempre al tramonto. E ha riportato testualmente le parole di Casaleggio Senior: Noi abbiamo scelto appositamente San Francesco per la creazione del movimento. Politica senza soldi. Rispetto degli animali e dell’ambiente. Siamo i pazzi della democrazia, forse molti non ci capiscono proprio per questo e continuano a chiedersi chi c’è dietro.

Dal 2013 anno, anno di pubblicazione di quel dialogo a tre voci fra sensibilità diversissime ma animate dalla comune determinazione di cambiare dalle fondamenta le regole della politica per trasformarla da arte del potere a sistema di partecipazione attiva e consapevole di cittadinanza sono passati molti anni ma soprattutto proprio grazie a quei “pazzi della democrazia” si sono realizzati obiettivi impensabili e insperati.

Il M5S dopo il successo elettorale nel 2018, nonostante il “Rosatellum” concepito per sfavorirlo, si è trovato ad essere il primo partito ma senza i numeri per governare da solo e conseguentemente ha dovuto assumere responsabilità di governo prima con la Lega sulla base di un contratto poi con il Pd in forza di un’alleanza su singoli punti: un passaggio con inevitabili ripercussioni in termini di coesione interna e di “riassestamento” con gli elettori.

L’esplosione della conflittualità interna palese da troppo tempo e lasciata dilagare nonostante i richiami formali di tanti big contro i giochi di Palazzo e le spinte scissioniste, con l’invito mai concretizzato a “parlarsi” lanciato dalle pagine del Fatto anche da Paola Taverna lo scorso 31 luglio, ha toccato in questi giorni un apice senza precedenti e non lascia al momento intravvedere facili margini di ricomposizione. Il duello a distanza tra il Collegio dei garanti e un discreto numero di parlamentari da una parte e l’associazione Rousseau dall’altra rende perfettamente la natura e l’entità dello scontro.

I primi hanno liquidato come “non autorizzato” l’intervento sul Blog delle Stelle di Davide Casaleggio in quanto “privo di ruoli”. Una grave censura riguardo “la titolarità” da cui trapela l’insofferenza di una parte degli eletti per il richiamo fatto non a caso nella ricorrenza del 4 ottobre dal figlio del cofondatore alle istanze originali del Movimento e per la la condanna del partitismo non solo come struttura ma come forma mentis. Tanto più che Davide Casaleggio ha precisato che qualora la trasformazione in partito fosse formalizzata verrebbe meno il supporto della piattaforma Rousseau. E nella replica ufficiale dell’associazione si ricorda che secondo le regole il Blog delle Stelle è il blog ufficiale del M5S quanto di Rousseau pertanto il presidente dell’associazione non deve chiedere autorizzazioni a nessuno per esprimere il suo pensiero sul Blog.

Nelle ultime ore il reggente Vito Crimi ha dato ufficialmente il via agli Stati generali attesi ed annunciati da tempo che si svolgeranno in un clima quanto meno incandescente, ma stando alle sue rassicurazioni sembra almeno scongiurato il rischio di battaglie giudiziarie sull’uso del simbolo che portano ad esiti già scritti, basti pensare a quanto avvenne, pur con tutti i distinguo del caso, per l’Idv di Di Pietro.

Nell’intervista al Fatto Crimi ha anche cercato di ridimensionare la portata della censura nei confronti di Davide Casaleggio derubricando l’accusa di intervento “non autorizzato” a “precisazione che quell’intervento era stato fatto come presidente dell’associazione Rousseau”. Ma soprattutto ha garantito che “a decidere contenuto e direzione degli Stati Generali non saranno le figure apicali del M5S ma un processo partecipativo dal basso” e che il documento votato dall’ assemblea del 7 e 8 novembre, “non deliberante”, verrà sottoposto poco dopo al giudizio degli iscritti sulla piattaforma Rousseau. E dunque anche sulla scelta tra un capo politico o un organo collegiale, che dovrà comunque prevedere un primus inter pares, l’ultima parola sarà degli iscritti.

Se al momento il percorso delineato dal reggente scongiura un immediato strappo insanabile e garantisce la condizione fondamentale dell’ultima parola agli iscritti, è chiaro che le cause della lacerazione in atto rimangono sul tappeto e dovrebbe essere chiaro a tutti nella frammentata galassia Cinque Stelle che a questo punto una scissione non sarebbe indolore per nessuno. Non solo per intendersi per i puristi o gli “oltranzisti”, a secondo dei punti di vista, che sbatterebbero la porta.

I governativi che rivendicano la bontà dell’alleanza con il Pd ed i risultati incassati, per esempio l’adozione in commissione del testo base di una legge sul conflitto di interessi (ancora lontana dall’essere approvata) dovrebbero essere più cauti nell’evocare uno strappo liberatorio da Casaleggio perché “le nostre esigenze sono cambiate” come ha dichiarato Francesco Silvestri deputato M5S al primo mandato.

E soprattutto gli eletti non dovrebbero dare, come avviene già da troppo tempo, l’impressione di crescente insofferenza verso il voto degli iscritti. Pretendere la “obbligatorietà” di alleanze strutturali, sentire sempre più come limite da cui liberarsi il giudizio finale degli iscritti, fare ironia sulla piattaforma perché viene hackerata, essere allergici alle restituzioni a cui si erano impegnati è obiettivamente venir meno alle ragioni per cui il M5S è nato e ha tuttora ragione di esistere.