Televisione

Sfera Ebbasta a ‘The Voice’, non serve essere politicamente corretti per dire no

La prima domanda che sorge spontanea dopo l’esclusione del cantante Sfera Ebbasta dal programma televisivo Rai The Voice è una: come potevano i produttori e autori della società Fremantle pensare che un nome simile sarebbe stato accettato dalla Rai? Come poteva lo stesso Carlo Freccero, direttore di Rai Due, credere che sarebbe passato? E ancora prima: com’è possibile che a una società guidata persone di livello, vedi Lorenzo Mieli, sia venuto in mente di mettere in giuria del programma Sfera Ebbasta, il cui nome, vista la data della tragedia di Corinaldo, 8 dicembre 2018, probabilmente avrà cominciato a circolare neanche un mese dopo l’accaduto? Dalla Rai, il rifiuto della presenza del cantante al programma The Voice è stato argomentato in due modi: primo, a causa del mancato atteggiamento di cordoglio dopo la tragedia, nonostante la farsa – così appare a posteriori – delle stelline tatuate sulla tempia. Secondo motivo, i suoi testi, “inadatti per un programma di servizio pubblico”.

Cominciamo con il primo problema. Non è la prima volta che durante un concerto accadono tragedie. Durante l’allestimento di un concerto di Jovanotti, ad esempio, morì un ragazzo. Lo stesso accadde a Laura Pausini, con una simile dinamica. In questi casi, ciò che si chiede a un artista non è di interrompere la sua carriera, ma almeno di mostrare non solo empatia, ma anche la consapevolezza dell’enormità di ciò che è accaduto. Nel caso di Corinaldo, siamo poi di fronte a una strage, con sei persone morte: cinque minorenni e una madre di quattro figli, ora orfani. Vite spezzate, distrutte senza possibilità di recupero. Sfera Ebbasta non è coinvolto in nessun’inchiesta, vero, anche se l’inchiesta stessa non è chiusa – e già solo per questo sarebbe stato bene attendere – e comunque resta il ricordo sinceramente non bello di un artista che si fa annunciare contemporaneamente in più posti (ma lo fanno tutti a quanto pare, infatti nessuno ha detto nulla).

Il problema però è che, appunto, Sfera Ebbasta non ha mostrato praticamente alcun cordoglio: infatti, nei suoi post successivi pochi giorni dopo – senza evidentemente rendersi conto di quello che scriveva – parlava di un 2018 pieno di emozioni e diceva ai suoi seguaci “ci si vede ai concerti in giro per l’Italia“, perché “sono pronto per affrontare questo 2019 con ancora più grinta e passione di prima”. Nessuna persona che sentisse veramente l’enormità e l’irrimediabilità di ciò che accaduto potrebbe scrivere questo.

Ma ovviamente qui il “colpevole” non è solo lui, visto che subito dopo la tragedia qualcuno della Fremantle deve averlo contattato per il programma. Anche loro dunque appaiono completamente accecati rispetto a ciò che è accaduto. Banalmente, non si poteva aspettare un anno dopo? Solo un anno? E poi: non sarà che proprio la notorietà acquisita dal cantante dopo la tragedia lo ha reso più appetibile dal punto di vista mediatico?

Seconda questione, quella dei testi. Chiunque legga i testi di Sfera Ebbasta troverà due temi: il primo, è il racconto della sua infanzia dura, la fatica, la rabbia per la povertà e mancanza di soldi. Questo aspetto è suggestivo, certamente, negli anni Ottanta c’erano i ragazzi di periferia di Eros Ramazzotti, oggi i rapper e simili. Il punto è che la suggestione si ferma qui. Perché il resto è una pura e semplice celebrazione dell’essere arrivato, con l’esaltazione continua e ossessiva dei soldi, dello scoparsi donne, chiamate ripetutamente o pussy o bitch – e tali considerate -, del fumo, delle droghe (“Ah, droghe leggere tasche pesanti”) e sostanzialmente poco altro.

In tanti hanno detto che qualsiasi rockstar ha testi che magari somigliano a questi, eppure ai loro concerti siamo sempre andati. Certo, ma non è un’argomentazione: infatti Sfera Ebbasta i suoi concerti li fa, chi vuole ci può andare, nessuno nega la possibilità a questo autore di girarsi l’Italia e riempire gli stadi, ci mancherebbe. Poi possiamo esserne contenti o no ma si chiama, ovviamente, libertà di espressione. Il problema arriva quando il servizio pubblico lo vuole prendere, pagare e fare giudice di un talent, quindi dandogli anche uno spessore di modello.

E qui siamo sempre alla solita questione: Freccero ha protestato contro il politicamente corretto, ormai è di moda: ha detto che lui vuole attirare i giovani e le persone che frequentano i social per rendere più “contemporanea” la Rai e non far vivere di memoria e nostalgia. Ma la Rai non è un canale privato, dove puoi fare le sperimentazioni che vuoi e persino credere che Sfera Ebbasta sia il meglio della contemporaneità. L’interrogativo è lo stesso di sempre: la Rai deve inseguire l’audience a tutti i costi, comportandosi come un qualunque canale privato o appunto è servizio pubblico e deve rispondere a determinati valori?

Si tratta di un’ambiguità cronica, presente, a onor del vero, in decine e decine di altri programmi (da questo punto di vista non bisognerebbe fermarsi a Sfera Ebbasta, tanto per capirci). Ma resta che la Rai è servizio pubblico, anche se la cosa può non piacere, e anche se lo stop al cantante magari è stato frutto di scelte di circostanza, forse pure di pressioni politiche chissà, da parte dell’ad Fabrizio Salini non si può che convenire che la scelta è giusta.

Si possono fare programmi di qualità e che attirino pubblico? Sì, come dimostrano le recenti fiction Rai che hanno fatto il pieno di ascoltatori. E dunque no, di Sfera Ebbasta non c’era proprio bisogno ed era meglio saperlo fin dall’inizio, in modo da evitare il caos attuale. E davvero imbarazza che adulti, laureati e formati, con anni di esperienza alle spalle, con figli, non si siano neanche fermati un attimo su quel nome, scartandolo come evidentemente non opportuno. A neanche due mesi dalla strage.

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