Politica

Armi: da domani più piombo per tutti, questa è l’Europa che ci piace?

“That’s a Smith & Wesson, and you have had your six”. James Bond avvisa così il sicario venuto per ucciderlo che i sei proiettili della sua pistola sono finiti e, con loro, anche la sua vita. Una smargiassata da film (si trova in Dr. No, in Italia Agente 007, licenza di uccidere, il primo film dell’agente segreto più prolifico della storia del cinema) che immagino infiammi ancora gli animi di molti pistoleri veri, potenziali o immaginari. Bond, almeno, è un professionista, per di più con la licenza di uccidere in nome di Sua Maestà. Ma la scena avrà provocato più di un frisson agli entusiasti sparatutto della domenica di casa nostra, quelli che sognano di mettere sull’uscio della villetta un cartello alla maniera del profondo sud americano: this house is protected by God and a Smith&Wesson.

Forse quel Bond è rimasto nell’immaginario anche dell’onorevole Gianluca Vinci, leghista romagnolo, vicepresidente della 1° Commissione affari costituzionali della Camera, che da giorni va rivendicando il merito per l’entrata in vigore del decreto legislativo che recepisce una direttiva europea del 2015 di modifica della direttiva 91/477 sul controllo delle armi da fuoco. Immaginario o non, di sicuro l’onorevole Vinci alcune idee sbagliate sulle armi le deve avere se è convinto che gli atti di terrorismo e di violenza siano realizzati solo con armi illegali provenienti dall’Est Europa (vedi la sua dichiarazione di pochi giorni fa). Vinci è un fedele salviniano, di quello stesso Salvini, oggi inaspettato ministro dell’Interno, che a febbraio firmò con gran spolvero di televisioni al seguito un impegno solenne a sostenere la lobby italiana delle armi.

Chissà invece se fossero della stessa opinione i sei “sparati” a Macerata da Luca Traini nel febbraio scorso. O i tre feriti e i due uccisi a Firenze da Luca Casseri con una 357 Magnum. O Idy Diene, assassinato “per caso” il 5 marzo di quest’anno, sempre a Firenze, da Roberto Pirrone. I tre hanno alcune caratteristiche in comune: bianchi, fascisti, così inoffensivi che tutti avevano il permesso delle questure di detenere armi. Tutti e tre i pistoleri hanno infatti usato armi regolarmente acquistate, non armi clandestine, non armi dell’Est Europa, non armi con la matricola cancellata. Ma armi italiane, comprate in armeria con tutte garanzie del caso, che gli assassini sono andati a prendere a casa, dove stavano probabilmente nel cassetto del comodino, non si sa mai arrivasse il ladro notturno come nel film di James Bond. Che poi le vittime fossero, per caso, nere questo è, appunto, un caso.

La direttiva europea nasce sull’onda dell’emozione degli attentati francesi al Bataclan e in Belgio. L’intenzione è quella di armonizzare in senso restrittivo le disparate normative in materia di controllo delle armi da fuoco. Dunque lo spirito è della stretta, non dell’allargamento, delle maglie. Esattamente il contrario di quello che è avvenuto in Italia, con grande soddisfazione della diversificata e potente lobby armiera (dopotutto siamo il Paese della Beretta): dai cacciatori ai produttori e a gran parte della destra politica. La normativa italiana era una delle più rigide assieme a quella francese. Ma mentre Parigi ha letto il testo europeo in modo corretto e limitativo, gli italiani i controlli li hanno adesso allentati permettendo a Salvini di tenere fede al suo impegno di febbraio. Dopo nave Diciotti, un’altra promessa elettorale mantenuta.

Col decreto, che entra in vigore il 14 settembre, è stato raddoppiato, ad esempio, il numero di armi che una persona può detenere legalmente. Cosa se ne faccia uno di 12 armi (finora erano sei) è un mistero glorioso. E dal limite continuano a essere esclusi i fucili da caccia che si possono, come prima, tenere in numero illimitato.

È stata, ad esempio, evitata la necessità di certificare un obbligo di banale civiltà: la notifica al convivente, coniuge e/o amante compreso, del possesso in casa di un’arma. Da oggi basta un’autocertificazione. A chi? A se stessi, ovvio. Perché gli estimatori delle armi siano felici di una regola così insulsa e insultante nei confronti dei partner non mi è chiaro. “Meno burocrazia” dicono. Siamo tutti sollevati dall’idea di non dover più compilare moduli su moduli, spedire raccomandate su raccomandate per avvisare la persona con cui condividiamo la cucina, il salotto e talvolta anche la camera da letto, che teniamo un’arma carica alla cintola. Suvvia, ci siamo appena affrancati dall’obbligo stalinista di dover dimostrare che i figli sono vaccinati.

La civiltà finalmente entra nelle nostre case. Appena arriverà anche l’affido condiviso con la moglie disoccupata che dovrà pagare l’affitto al marito imprenditore se vorrà continuare a occupare la ex casa coniugale dopo la separazione, la società italiana sarà finalmente diventata davvero moderna, sciolta dagli ultimi residui di oscurantismo illiberale. Qualcuno osserverà che l’Italia resta il Paese dove circolano complessivamente meno armi che nel resto dei paesi d’Europa. Può essere, ma non ve ne è certezza perché il ministero dell’Interno non ha mai (ribadisco: mai) fornito i dati sul numero di armi legalmente detenute nel nostro Paese. Eppure dovrebbe saperlo visto che a ogni arma si associa un permesso che viene rilasciato dalle questure. Misteri italiani.

Esistono solo delle valutazioni, la più accreditata è quella dell’organizzazione Small arms survey secondo la quale (dati riferiti al 2017) in Italia ci sarebbero 8,6 milioni di armi tra legali e illegali, contro ad esempio i 15,8 della Germania e i 12,7 milioni della Francia. Ma da noi sono usate in modo improprio molto di più. A credere allo United nations office on drugs and crime (Unodc) di Vienna, la percentuale di omicidi commessi in Italia con arma da fuoco è del 41% sul totale contro circa il 24% della Germania. “Va bene” diranno gli aficionados del vostro soave vicepremier Matteo Salvini “ma è l’Onu, lo stesso di quella Michelle Bachelet che manda in giro gli ispettori per fare vacanza nei grandi alberghi a spese nostre. Che la smettano di dirci come dobbiamo comportarci a casa nostra. Non bastano i negher, anche i cileni ci vogliono dare lezioni?”