Capitoli

  1. Pensioni, con l’abolizione della Fornero assegni Inps più bassi fino al 20% e maggiori spese per 20 miliardi l’anno
  2. Nel 2050 quasi 18 milioni di pensionati e solo 21,6 milioni di lavoratori
  3. Tra 1995 e 2009 sei riforme per assicurare la sostenibilità
  4. La Fornero, le salvaguardie per gli esodati e i nuovi anticipi pensionistici
  5. Eliminando l'adeguamento alla speranza di vita buco di 20 miliardi l'anno...
  6. ...e pensioni ridotte fino al 21% rispetto a quanto previsto ora
Economia

Nel 2050 quasi 18 milioni di pensionati e solo 21,6 milioni di lavoratori - 2/6

Sia il centrodestra (nonostante i dubbi di Berlusconi) sia l'M5s propongono di smantellare la riforma del 2011 e permettere a tutti di lasciare il lavoro dopo 41 anni. Ma già oggi ci sono 38 over 65 ogni 100 cittadini in età da lavoro e nel 2050 saranno 70. Così senza adeguamento dell'età di uscita all'aspettativa di vita sarebbero a rischio i conti pubblici e l'importo delle prestazioni calerebbe fino a meno del 50% dell'ultimo stipendio

La demografia è impietosa: stando all’ultimo studio Ocse sul tema, Pensions at a glance 2017, l’Italia è seconda su 35 Paesi (dietro il Giappone) per percentuale di cittadini over 65 ogni 100 persone in età da lavoro. Oggi il rapporto, noto come “indice di dipendenza” visto che i pensionati vengono di fatto “mantenuti” da chi produce, è del 38% contro una media Ocse del 27,9%. E nel 2050 è destinato a salire intorno al 70 per cento. Se attualmente gli italiani in pensione sono poco più di 16 milioni, la Ragioneria generale dello Stato in un rapporto dello scorso giugno ha calcolato che nel 2050 saranno 17,8 milioni. E la spesa pensionistica, stando alle previsioni macroeconomiche utilizzate dalla Commissione europea per analizzare la sostenibilità delle finanze pubbliche, salirà al 17% del pil dal 15,5% attuale: 337,2 miliardi contro circa 270. Nel frattempo i lavoratori saranno diminuiti dagli attuali 23 milioni a soli 21,6 milioni su una popolazione totale ridotta a 59,1 milioni di persone. Visto che la nostra previdenza pubblica è basata su un sistema a ripartizione, la crescita dei pensionati rispetto agli attivi tende naturalmente a ridurre l’ammontare del trattamento pensionistico.