Capitoli

  1. Renzi e Marchionne, l’amore ai tempi del potere: l’idillio filogovernativo è durato quanto il consenso dell’ex premier
  2. 2012, L'AMORE INIZIA CON UNA LITE
  3. 2013, LA PACE CON VUOTO A RENDERE
  4. 2014, RENZI AL POTERE E L'AMICO SERGIO
  5. 2015, LA LUNA DI MIELE
  6. 2016, L'ANNO DELLA PROVA D'AMORE
  7. 2017, LE URNE SEPARANO QUELLO CHE PALAZZO CHIGI AVEVA UNITO
Elezioni Politiche 2018

2013, LA PACE CON VUOTO A RENDERE - 3/7

Nel 2012 litigano furiosamente, poi fanno la pace e diventano l'uno sponsor dell'altro anche sugli scenari internazionali per almeno tre anni, ovvero fino alla vittoria del No a referendum costituzionale. È l'inizio della fine, che diventa ufficiale con le parole dell'amministratore delegato, ma che si era già consumata nei mesi scorsi: decisivi i sondaggi negativi e il vento cambiato intorno all'ex Rottamatore

È guerra aperta. Controreplica di Marchionne: “Renzi non è adeguato a guidare il Paese. Una maggiore esperienza, che può solo accumularsi nel tempo, lo renderà più maturo e di conseguenza gli eviterà di esprimere opinioni senza logica contro la Fiat e la sua posizione industriale nel Paese“. Renzi incassa, impara la lezione e “diventa più maturo” nell’arco di una settimana. A Torino, il 21 ottobre, dichiara: “Se dovessimo assumere responsabilità di governo ci relazioneremo con Fiat per quello che è: una delle più grandi aziende di questo Paese”. Il segno di pace viene raccolto, anche perché Renzi si candida alle primarie del Pd: troppo importante per il manager italo-canadese tenerselo buono. La conferma definitiva arriva 8 mesi dopo. Marchionne il 13 giugno va a Firenze per l’assemblea di Confindustria: prima annuncia di aver comprato una pagina su un quotidiano locale per chiarire l’accaduto, poi segue l’evento fianco a fianco con Renzi. Infine, nel suo intervento, individua il colpevole del malinteso con la città: l’inglese. “Ho fatto molta attenzione a rimuovere ogni riferimento all’inglese per non essere frainteso” dice, sottolineando che il famoso riferimento a quella Firenze piccola e povera altro non era che una frase “registrata da un cosiddetto giornalista, malamente tradotta e addossata a me. Chi mi ha attribuito quei giudizi ha fatto, come si direbbe qui, una bella bischerata“.