Capitoli

  1. Stadi in mano ai clan e i calciatori amici dei boss: nella relazione dell’Antimafia i tentacoli delle piovre sul calcio italiano
  2. Il pallone come consenso sociale
  3. Casalesi football club: il riciclaggio 
  4. I dilettanti, figli di un boss minore 
  5. L'amico degli amici? Ha il numero 10 
  6. Catania e la vicenda Biagianti
  7. Napoli e lo striscione per Lavezzi
  8. Juve, la 'ndrangheta decide i nuovi gruppi
  9. Le zone grigie di Genova e Lazio
Mafie

Stadi in mano ai clan e i calciatori amici dei boss: nella relazione dell’Antimafia i tentacoli delle piovre sul calcio italiano

Dopo diversi mesi di audizioni, la commissione Antimafia ha approvato all'unanimità la relazione su mafia e pallone. "Il crimine organizzato intuisce nel calcio e nelle attività collegate - scrive Palazzo San Macuto - ghiotte opportunità per ampliare i traffici illeciti e i canali di reinvestimento dei capitali sporchi". Dalle piccole società dilettantistiche fino alle vicende che hanno coinvolto Fabrizio Miccoli, l'altra faccia dello sport più popolare tra gli italiani

Gli stadi in mano ai clan. Un tifoso su tre che ha precedenti penali. I gruppi ultras fondati solo dopo che dalla Calabria è arrivato il via libera. E poi biglietti e merchandising in mano allo ‘ndrine. Ma anche personaggi legati al clan dei casalesi che decidono di comprarsele direttamente le società. Senza dimenticare, ovviamente, quelli che dovrebbero essere i protagonisti di questa storia: i calciatori. Corteggiati dai mafiosi, in qualche caso ci diventano talmente amici che arrivano a chiedere dei “favori“. Cortesie poi finite dentro le aule di tribunale. Oppure sono costretti ad aprire il portafogli e contribuire alle “spese processuali” della famiglia. È l’altra faccia del calcio italiano. Un volto marcio e fortemente compromesso con le associazioni criminali di questo Paese. E solo apparentemente lontano dai talk show domenicali e dagli stipendi milionari di Icardi e Higuain. Sì, perché i legami tra lo sport più amato del mondo e le piovre italiane non si esauriscono in curva: al contrario i tentacoli delle mafie sono arrivati in certi casi dentro le società.

A scriverlo è la commissione Antimafia in una dettagliata relazione di 99 pagine. “Fatti emersi dalle indagini indicano come il crimine organizzato intuisce nel calcio e nelle attività collegate ghiotte opportunità per ampliare i traffici illeciti e i canali di reinvestimento dei capitali sporchi, nonché per insinuarsi in maniera strisciante e pervasiva nel tessuto sociale”, annotano da Palazzo San Macuto dopo aver ascoltato investigatori, magistrati e addetti ai lavori. Mesi di audizioni per arrivare a tratteggiare l’anima nera del pallone nostrano. Diventato un business anche per le mafie e non solo a livello economico. Le associazioni criminali, infatti, hanno capito da tempo un dettaglio fondamentale: essendo il calcio di gran lunga lo sport più popolare d’Italia, amministrarlo consente di accrescere il proprio consenso sociale. E le mafie senza consenso sociale neanche sarebbero mai esisitite.