Capitoli

  1. Stadi in mano ai clan e i calciatori amici dei boss: nella relazione dell’Antimafia i tentacoli delle piovre sul calcio italiano
  2. Il pallone come consenso sociale
  3. Casalesi football club: il riciclaggio 
  4. I dilettanti, figli di un boss minore 
  5. L'amico degli amici? Ha il numero 10 
  6. Catania e la vicenda Biagianti
  7. Napoli e lo striscione per Lavezzi
  8. Juve, la 'ndrangheta decide i nuovi gruppi
  9. Le zone grigie di Genova e Lazio
Mafie

Le zone grigie di Genova e Lazio - 9/9

Dopo diversi mesi di audizioni, la commissione Antimafia ha approvato all'unanimità la relazione su mafia e pallone. "Il crimine organizzato intuisce nel calcio e nelle attività collegate - scrive Palazzo San Macuto - ghiotte opportunità per ampliare i traffici illeciti e i canali di reinvestimento dei capitali sporchi". Dalle piccole società dilettantistiche fino alle vicende che hanno coinvolto Fabrizio Miccoli, l'altra faccia dello sport più popolare tra gli italiani

Nelle curve in cui i clan non arrivano, la forza di “intimidazione” delle tifoserie ultras è spesso “esercitata con modalità che riproducono il metodo mafioso”. Dentro e fuori dallo stadio. Accade a Genova, come racconta la commissione Antimafia, rispolverando la sospensione di Genoa-Siena nel 2012 e l’umiliazione subita dai giocatori costretti a consegnare le magliette. Tra i leader del Marassi c’è Massimo Leopizzi, capoultras della Brigata Speloncia, gruppo di estrema destra. I reati collezionati sono elencati dai parlamentari: estorsione, rissa, minaccia a pubblico ufficiale, ricettazione, falso, detenzione illegale di armi, porto di armi, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, maltrattamenti, violenza sessuale, guida in stato di ebbrezza, detenzione abusiva di armi clandestine e di munizioni. È stato recentemente condannato, racconta in audizione il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi, per il possesso di una rivoltella e di 50 proiettili, che “avrebbe ricevuto da Marietto Rossi, uno degli esponenti più pericolosi della criminalità genovese degli anni Ottanta e Novanta, (…) condannato all’ergastolo per omicidio”. In quella giornata, fu proprio Leopizzi – come ricostruirono gli inquirenti – a parlare al telefono con l’attaccante Giuseppe Sculli, nipote del boss ‘ndranghetista Giuseppe Morabito, che riuscì a fermare la contestazione “forte della sua estrazione familiare generalmente nota e sfruttando lo stretto rapporto personale con alcuni capi ultras”. Non va molto meglio alla Lazio, dove tra i leader degli Irriducibili viene segnalato Marco Turchetta, detto Orso, indagato per intestazione fittizia di beni in un’inchiesta del Gico di Roma che lo scorso 16 giugno ha portato all’arresto – per reati con l’aggravante del metodo mafioso – di diversi esponenti di un gruppo criminale “guidato da Alessandro Presutti, che risulta essere intimo amico” di Turchetta. Tra le sue conoscenze ci sono anche il leader dell’estrema destra romana Giuliano Castellino e Maurizio Boccacci, pluripregiudicato esponente neo fascista, amico di Massimo Carminati.