Dopo diversi mesi di audizioni, la commissione Antimafia ha approvato all'unanimità la relazione su mafia e pallone. "Il crimine organizzato intuisce nel calcio e nelle attività collegate - scrive Palazzo San Macuto - ghiotte opportunità per ampliare i traffici illeciti e i canali di reinvestimento dei capitali sporchi". Dalle piccole società dilettantistiche fino alle vicende che hanno coinvolto Fabrizio Miccoli, l'altra faccia dello sport più popolare tra gli italiani
Anche se, in passato, c’era chi voleva “importarlo” nel mondo del pallone. “Il riferimento è a quanto emerso in una indagine del 2006, coordinata dalla procura della Repubblica di Roma e della direzione distrettuale Antimafia di Napoli, sulle trattative per la vendita delle azioni della Lazio a un gruppo societario dell’est europeo, risultato poi legato al clan camorristico dei casalesi. Le indagini condotte dalla magistratura avevano messo in luce come l’operazione fosse stata congegnata in modo tale da dissimulare l’identità degli effettivi acquirenti della squadra di calcio attraverso l’utilizzo di prestanome e lo schermo di una complessa catena societaria. La trattativan ha risvolti finanziari importanti per le turbolenze che interessarono la quotazione in borsa dei titoli della società e che indussero la Consob ad intervenire per impedire manovre indebite”, ricorda la commissione. Il bello è che i casalesi avevano in mente di lanciare un investimento su larga scala nel mondo del calcio. “Le indagini giudiziarie – si legge sempre nella relazione – svelarono come il progetto criminale del clan dei casalesi fosse ancora più vasto e ambizioso, tant’è che erano state programmate altre acquisizioni societarie in compagini calcistiche (Lanciano, Marsala, Benevento) che, militando in serie minori, si prestavano ancor meglio e con rischi minori a questa tipologia di reinvestimento di capitali sporchi”.