INCHIESTA - Dal Paese delle aquile al Salento lungo la via dell'erba, che movimenta la vita di interi distretti sull’altra sponda dell'Adriatico. Cecchini, piantagioni ovunque, trattative al ribasso e accuse di collusione contro polizia e governo. “Solo chiacchiere, qui distruggiamo tutto, ma l’Ue ci aiuti” dice il ministro degli Interni al fatto.it
Daniele coltiva patate dolci nelle terre paludose di Frigole, marina di Lecce. I campi arrivano fin sulla spiaggia. “Marijuana? Che viavai! Scafi, inseguimenti, ogni tanto troviamo i sacchi pieni di erba e chiamiamo i carabinieri”. I salentini hanno smesso di sorprendersi. E’ questo litorale discreto il grande delta del fiume di stupefacenti provenienti dall’Albania. Mai come quest’anno la controffensiva è stata poderosa: da gennaio ad oggi, le Fiamme Gialle hanno portato a termine 15 operazioni nel basso Adriatico, sequestrando 6 tonnellate di droga. Ogni mezzo è buono per trasportare il carico: motoscafi con possibile staffetta anche a largo di Saseno; velivoli ultraleggeri (tre quelli fermati in Puglia mentre facevano rifornimento in campi volo dismessi); camion che sbarcano nei porti di Brindisi e Bari. La new entry sono gli acquascooter, impacchettati fino all’inverosimile: ad agosto ne sono stati fermati quattro. Gli scafisti sono quasi sempre di Valona e ogni tanto c’è anche qualche brindisino. Il Salento è usato come deposito di stoccaggio prima dello smistamento della marijuana nel resto d’Italia. Lo confermano i maxi sequestri eseguiti a terra in estate: 2,6 tonnellate in un casolare alla periferia di Lecce; altri 800 chili in una casa di campagna fuori città; 1,2 tonnellate su un furgone diretto a Bologna; 600 chili in un immobile a San Pietro Vernotico. Empori della droga, con tanto di lista di chi verrà a ritirare. Le spedizioni, infatti, sono sempre “consorziate”: sugli involucri sono segnati i simboli che indicano la destinazione. Fanno tutto da soli gli albanesi. Nessun argine per loro c’è da ciò che resta dei clan della Sacra Corona Unita.