Capitoli

  1. Albania, dove la marijuana regge l’economia. Salto di qualità della mafia locale: l’Italia è il suo deposito
  2. Nuova geografia e seme vietnamita: su la produzione, giù i prezzi
  3. “Kanabistan”: i cecchini sui monti e la guerra dei numeri
  4. Dal Pablo Escobar dei Balcani alle accuse di corruzione
  5. Il ministro degli Interni Tahiri: “Solo fango, noi distruggiamo tutto”
  6. L’erba del vicino: Salento come deposito
  7. La mafia albanese ha fatto il salto di qualità
Mondo

Il ministro degli Interni Tahiri: “Solo fango, noi distruggiamo tutto” - 5/7

INCHIESTA - Dal Paese delle aquile al Salento lungo la via dell'erba, che movimenta la vita di interi distretti sull’altra sponda dell'Adriatico. Cecchini, piantagioni ovunque, trattative al ribasso e accuse di collusione contro polizia e governo. “Solo chiacchiere, qui distruggiamo tutto, ma l’Ue ci aiuti” dice il ministro degli Interni al fatto.it

“È solo il modo in cui l’opposizione fa politica qui: dietro ogni cosa vede la complicità di polizia e governo”. Sulle accuse di corruzione, il ministro degli Interni Saimir Tahiri taglia corto. “L’ironia della sorte è che ora che distruggiamo di più sembra che ci sia più marijuana. E invece i fatti dicono che il fenomeno preesisteva”. Dal suo ufficio a Tirana, squaderna i dati in perfetto italiano: “Negli ultimi tre anni, abbiamo distrutto il 99 per cento delle coltivazioni scoperte. Nel 2012 era lo 0 per cento e nel 2013 il 7,5. Quali sono allora i governi collusi? Anche quando Lazarat era lì, tutte queste altre zone erano piene di cannabis, solo che prima i dati erano secretati e Lazarat era un fenomeno così massiccio da oscurare quanto succedeva altrove”. Convinto oppositore della legalizzazione della marijuana (“non sarebbe comunque consentito agli agricoltori di produrre liberamente”), insiste sull’anello intermedio della catena: “I nostri procedimenti penali sono indirizzati verso chi sfrutta la povertà dei contadini, che considerano questo quasi un fatto culturale. La coltivazione è impresa personale di semplici cittadini che per la vendita si rivolgono ai trafficanti, che possono anche finanziare e programmare la produzione. È a loro che noi puntiamo. Se facessero parte di una sola organizzazione sarebbe molto più facile contrastarli”. In manette quest’anno sono finite 248 persone. “Finora la collaborazione con l’Italia è stata eccezionale – chiosa Tahiri – ma ciò non significa che gli altri debbano stare a guardare. Ho chiesto all’Ue di darsi una mossa”.