Capitoli

  1. Albania, dove la marijuana regge l’economia. Salto di qualità della mafia locale: l’Italia è il suo deposito
  2. Nuova geografia e seme vietnamita: su la produzione, giù i prezzi
  3. “Kanabistan”: i cecchini sui monti e la guerra dei numeri
  4. Dal Pablo Escobar dei Balcani alle accuse di corruzione
  5. Il ministro degli Interni Tahiri: “Solo fango, noi distruggiamo tutto”
  6. L’erba del vicino: Salento come deposito
  7. La mafia albanese ha fatto il salto di qualità
Mondo

“Kanabistan”: i cecchini sui monti e la guerra dei numeri - 3/7

INCHIESTA - Dal Paese delle aquile al Salento lungo la via dell'erba, che movimenta la vita di interi distretti sull’altra sponda dell'Adriatico. Cecchini, piantagioni ovunque, trattative al ribasso e accuse di collusione contro polizia e governo. “Solo chiacchiere, qui distruggiamo tutto, ma l’Ue ci aiuti” dice il ministro degli Interni al fatto.it

Non c’è solo Valona. Pezzi interi dell’Albania rurale sono sotto il controllo delle organizzazioni criminali, dai dintorni di Tirana al distretto di Kruja, fino alle montagne del nord, a volte impiegando anche i bambini. “In questo periodo, a Pukë, vicino Scutari, bande che si occupano della cannabis bloccano il monte Tërbunit e non permettono di raccogliere funghi”, hanno denunciato pubblicamente alcuni cittadini. Nella gran parte dei casi, le piantagioni sono presidiate da cecchini armati. “Uno dei trecentomila posti di lavoro che hanno avviato la rinascita”, ha ironizzato l’opposizione in Parlamento. È una lotta senza quartiere, resa difficile da geografia e silenzi. Sono soprattutto i sorvoli della Guardia di Finanza italiana a indicare quali sono le zone rosse. Secondo l’International Narcotics Control Strategy Report degli Usa, nei primi dieci mesi del 2015, l’Albania ha distrutto 689.815 piante. Tirana riferisce che, tra giugno e agosto di quest’anno, le piante estirpate sono state ben 2,4 milioni. Su 506 ettari monitorati in 42 missioni aeree, 213 sono risultati coltivati a cannabis con 2.086 impianti. Anche questo rende chiara l’idea della parcellizzazione: nel 2013, su 361 ettari perlustrati, ne risultavano coltivati 323 e di questi 319 concentrati tutti a Lazarat.