Capitoli

  1. Albania, dove la marijuana regge l’economia. Salto di qualità della mafia locale: l’Italia è il suo deposito
  2. Nuova geografia e seme vietnamita: su la produzione, giù i prezzi
  3. “Kanabistan”: i cecchini sui monti e la guerra dei numeri
  4. Dal Pablo Escobar dei Balcani alle accuse di corruzione
  5. Il ministro degli Interni Tahiri: “Solo fango, noi distruggiamo tutto”
  6. L’erba del vicino: Salento come deposito
  7. La mafia albanese ha fatto il salto di qualità
Mondo

Nuova geografia e seme vietnamita: su la produzione, giù i prezzi - 2/7

INCHIESTA - Dal Paese delle aquile al Salento lungo la via dell'erba, che movimenta la vita di interi distretti sull’altra sponda dell'Adriatico. Cecchini, piantagioni ovunque, trattative al ribasso e accuse di collusione contro polizia e governo. “Solo chiacchiere, qui distruggiamo tutto, ma l’Ue ci aiuti” dice il ministro degli Interni al fatto.it

“27.400 lek. Prendere, no?”. A Valona, le trattative si fanno per le vie brevi. In questo periodo, i prezzi di vendita della marijuana toccano il fondo: 200 euro al chilo, un terzo di quanto veniva pagata nel 2013. Una svendita dovuta alla sovrapproduzione. È questo l’anno del gran ritorno dell’erba albanese sulle piazze d’Europa. Il 2014 ha funto da spartiacque, segnato dall’assedio di Lazarat, la capitale della cannabis espugnata da 800 agenti di polizia dopo cinque giorni di sparatorie. Lì si stima venissero prodotte 900 tonnellate l’anno di cannabis, per un valore di 4,5 miliardi di euro. Ora, Lazarat è poco più che un cartello nuovo sull’autostrada che qualche chilometro più a nord porta alla turistica Girokastra. Ne ha risentito il mercato, eccome: per due stagioni, le spedizioni in Italia sono state centellinate. E gli acquirenti sono stati disposti a pagare la merce a peso d’oro: nell’operazione “Sotto copertura”, durante la quale il Gico della Guardia di Finanza di Lecce ha simulato l’acquisto di una partita di 65 chili, nell’autunno 2015, il prezzo finale sfiorava i 2.500 euro al chilo. “A Lazarat ora ci sono solo poche piante, così la polizia va a fare i sequestri e siamo tutti contenti”, confida un uomo che nell’industria della droga albanese è cresciuto. Quelle grandi storiche piantagioni sono state frammentate in appezzamenti medio-piccoli sparsi dappertutto. “C’erano anche prima”, è la tesi del governo, che in un video ha riportato la mappa delle coltivazioni già note tra il 2007 e il 2013, “dati ufficiali della Polizia di Stato finora tenuti nascosti”. Ciò che è certo, però, è che la produzione ha subito un exploit soprattutto tra i monti alle spalle di Valona, sfruttando per l’irrigazione il corso del grande fiume che dalla Grecia risale l’Albania, il Vjosë. Lì hanno lavorato per tutta l’estate contadini dei villaggi vicini, dormendo sui campi per due mesi. Dieci le aziende agricole attive e una valle intera trasformata in fattoria degli stupefacenti: 40mila le piante distrutte dalle forze dell’ordine a fine agosto. La novità di quest’anno è il “seme magico”, il vietnamita. È stato ritrovato quasi ovunque siano stati fatti i sequestri. Ha una resa inferiore, ma una maturazione molto più veloce, dai 45 ai 50 giorni al massimo. I due cicli di raccolta tradizionale, invece, attendono i tre e sei mesi.