Società

Terrorismo e omosessualità repressa, c’è un nesso?

Il Corano non condanna esplicitamente l’omosessualità ma, nonostante ciò, l’Isis ritiene conforme alla legge islamica punire a morte un omosessuale. Questa pratica barbara che risulta dalla conseguenza della propaganda contro la civiltà occidentale e il suo lassismo, deve fare i conti con la realtà che risulta più complessa e contraddittoria.

Esaminerò alcuni casi di jihadisti che l’Isis ha voluto in maniera frettolosa far passare come eroi e militari del suo fantomatico esercito. E comincerò con Omar Mateen. Lo ricordate, secondo la propaganda del giorno dopo “un soldato” dell’Isis, che nella notte dell’11 e 12 giugno fece 49 vittime a Orlando, in un locale gay. Il “soldato” si scoprì poi, essere egli stesso gay e la questione che si pone è relativa al significato di un omosessuale che sente il bisogno prima di compiere una strage di dichiararsi affiliato al califfato di Al- Bagdadi. Ma andiamo avanti.

E’ ormai accertato che il terrorista che insieme al fratello Said fece una strage al giornale satirico Charlie Hebdo, Cherif Kouachi, avesse tendenze omosessuali. In un articolo di Le Monde del 26 luglio scorso, si può leggere che in un verbale della polizia si dice esplicitamente che Cherif aveva un uomo come amante e questa sua condotta non si addiceva certo ai canoni di comportamento e di rigore che l’Isis perseguiva per i suoi soldati.

Sempre dal giornale francese apprendiamo la storia di un giovane che si converte all’Islam e interrogato dalla polizia, afferma che la sua conversione derivava dal fatto che sentiva di essere omosessuale e che viveva questa condizione con un grande senso di colpa e che vedeva nell’Islam la soluzione dei suoi problemi. Un Islam che gli appariva come un kit di sopravvivenza in cui c’era un modus operandi legato a ciò che si deve e ciò che non si deve fare. Ma l’illusione dura poco e secondo la testimonianza rilasciata da questo giovane convertito, si viene a sapere che vorrebbe andare a Gaza perché ha una fantasia erotica e cioè avere un rapporto sessuale con un palestinese nei tunnel della banda. La fantasia non ha limiti! L’omosessualità a Racca, a Mosul non è solo quella che una volta scoperta viene punita con la morte, ma è anche quella che si pratica tra commilitoni, quella nascosta dalle pratiche militari e che permettono alla finzione del gioco cameratesco di soddisfare in parte la libido. A questo proposito non mancano le testimonianze.

L’interesse di questa constatazione sulla omosessualità risiede nell’aggiungere un altro tassello alle diverse motivazioni che determinano atti di terrorismo. La rivendicazione successiva non basta per spiegare l’atto compiuto. Qui la religione non c’entra. Essa riveste una patina superficiale e si configura come uno strumento che al massimo è evocata per dare spessore a scelte le cui motivazioni sono altrove. Anche Lahouaiej Bouhlel uccide 84 persone a Nizza e anche in questo caso l’Isis rivendica l’azione dimenticando di dire che anche quest’uomo tra le altre cose frequentava degli uomini.

Non vorrei far credere che le motivazioni di queste azioni terroristiche risiedono nella omosessualità dei protagonisti. Sarebbe troppo ingenuo e superficiale. Vi è però un rapporto tra l’odio verso se stesso per la condizione omosessuale, l’impossibilità di viverla alla luce del sole e un disperato bisogno di cancellarla attraverso la violenza. Tutto ciò aggiunge nuovi elementi alla comprensione del fenomeno terrorismo, ma non dà soluzioni. La complessità è tale, le motivazioni sono molteplici da rendere parziale l’iniziativa delle forze dell’ordine per prevenire i futuri attacchi. La sola cosa da fare è costringere gli stati che hanno e che continuano a finanziare il terrorismo a rompere i legami con le centrali del terrore.