
L'operazione si regge sull'abbondante documentazione probatoria inviata da organismi militari e di sicurezza israeliani. Mi sarei aspettato un vaglio più che attento
L’aspetto più sconcertante dell’operazione avviata dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, che ha portato finora all’arresto del presidente dell’Associazione dei Palestinesi in Italia, Mohammed Hannoun, e di altri, è senza dubbio il fatto che si regge quasi esclusivamente sull’abbondante documentazione probatoria inviata da organismi militari e di sicurezza israeliani e, in misura notevolmente minore, statunitensi.
Si tratta di documentazione risalente negli anni, che però è stata rinnovata e integrata in modo decisivo dopo le operazioni militari seguite agli attacchi del 7 ottobre, realizzando l’occupazione militare della Striscia di Gaza e sottoponendone la popolazione a un trattamento che ha provocato finora almeno settantamila vittime, in gran parte civili, tra cui moltissimi bambini, massacrati e mutilati.
E’ a seguito di questo bagno di sangue che sono emerse le prove che dimostrerebbero la destinazione ad Hamas delle somme raccolte in Italia, ufficialmente devolute ad organizzazioni umanitarie e caritatevoli, per tentare di attenuare le indicibili sofferenze dei Palestinesi di Gaza, cui l’occupazione israeliana continua a negare l’accesso a beni essenziali per la sopravvivenza quali acqua, cibo, medicinali e coperte, indumenti e strutture idonee a proteggersi da piogge, freddo e maltempo.
Date le circostanze del reperimento e la natura delle autorità responsabili dell’invio, specialmente in considerazione del fatto che si tratta di parti decisive e operative di uno Stato che è sotto accusa per genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità, la documentazione in questione avrebbe dovuto essere sottoposta a un vaglio più che attento. Elemento, questo, a sua volta sub judice e sul quale si sta esercitando la scrupolosa analisi dei collegi difensivi.
Altro aspetto cruciale è poi costituito dalla natura di Hamas, sulla quale vanno dette parole chiare, tenendo conto di una situazione che presenta vari aspetti di inusitata complessità. E’ certo che formazioni armate riconducibili ad Hamas, ma anche ad altri raggruppamenti armati palestinesi, si siano rese responsabili, durante gli attacchi del 7 ottobre, di crimini di guerra quali massacri indiscriminati e rapimento di civili.
Per tali motivi la Corte penale internazionale aveva emesso mandati di cattura nei confronti di tre alti dirigenti dell’organizzazione in questione, tutti e tre nel frattempo eliminati stragiudizialmente da Israele, mentre invece i destinatari israeliani dei mandati di cattura continuano ad essere liberi e uno dei due, anzi, il primo ministro Netanyahu, esercita ancora il proprio potere decisionale incontrastato e sorretto dalla complicità dei principali Stati occidentali, Italia compresa.
Va del resto ulteriormente specificato che la portata precisa dei crimini di Hamas non è stata finora accertabile anche e soprattutto per la reticenza delle autorità israeliane a istituire una Commissione d’inchiesta interna o tanto più internazionale su quei luttuosi avvenimenti.
D’altronde Hamas non è solo un gruppo armato ma anche – lo si voglia o no – un’espressione politica di buona parte del popolo palestinese, dotato di riconoscimento internazionale e appoggi considerevoli non solo da parte di Stati arabi e islamici tra loro diversissimi quali Qatar, Iran e Turchia, ma anche molti altri.
Per altri versi è noto che Hamas, nonostante due e più anni di martellante occupazione israeliana, continua ad esercitare de facto poteri di governo su notevoli parti del territorio di Gaza e relativa popolazione, il che rende pressoché inevitabile intrattenere rapporti con la stessa per chiunque voglia fattivamente operare sul piano del soccorso umanitario.
Di tali complessità non pare per nulla tener conto la Direzione antimafia, così come non ne tiene conto, a monte, la decisione dell’Unione europea che – su chiaro diktat statunitense – ha inserito Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche senza operare alcuna distinzione fra ala militare, direzione politica e apparati amministrativi. Una procedura, questa delle liste dei terroristi, priva anch’essa delle più elementari garanzie giuridiche, espressione di arbitrio politico e di un’inaccettabile e brutale logica amico/nemico.
Per me Hamas, data la sua ispirazione fondamentalista, costituisce senz’altro un avversario politico. Ciò tuttavia non ci esime dal valutare le complessità del caso, sulla base del criterio fondamentale della necessità di prevenire, fermare e reprimere il genocidio e la violazione senza precedenti dei diritti umani del popolo palestinese.
Da questo punto di vista, il pur condivisibile riferimento ai crimini di Israele contenuto nell’ordinanza di custodia cautelare ammonta quasi esclusivamente a clausola di stile, tanto più che continua incontrastata la collaborazione con tale Stato, anche sul piano giudiziario.